Scorrendo il web e i social network è sempre più facile imbattersi nella sponsorizzazione di app che pagano i propri utenti. Si tratta, in pratica, di strumenti o piattaforme online che offrono premi o incentivi economici in cambio del compimento di determinate azioni o semplicemente del loro uso.

Alcune, come ad esempio WeWard, fanno leva sulla nostra voglia di rimetterci in forma, pagandoci in cambio del nostro semplice camminare. Altre puntano sullo svolgimento di azioni, come rispondere a sondaggi o questionari o pubblicare foto, come BeMyEye. Altre ancora, come ad esempio, BigTime, ci promettono di guadagnare soldi partecipando a dei minigiochi gratuiti.

Queste applicazioni sono gratuite, possono essere utilizzate da chiunque e il pagamento può avvenire in vari modi: direttamente in denaro, attraverso forme di cashback, o, più di recente, anche in criptovalute.

Come guadagnano gli sviluppatori delle app che pagano gli utenti?

Come accade per tutte le app, anche questo tipo di applicativi segue diversi modelli di business:

  • Pubblicità: le entrate vengono generate dalla visualizzazione, da parte dell’utente, degli annunci pubblicitari che compaiono durante l’utilizzo della app.
  • App a pagamento o acquisti in app: in questo caso il guadagno deriva dall’acquisto stesso della app oppure da ciò che l’utente può acquistare al suo interno.
  • Abbonamento: l’utente che si abbona sarà tenuto a corrispondere periodicamente una somma per poter utilizzare la app. Generalmente l’opzione dell’abbonamento è subordinata a un periodo di prova gratuito, al termine del quale l’utente può poi decidere se procedere con la sottoscrizione dell’abbonamento o rinunciare all’utilizzo della app.

Quanto guadagna chi produce questo tipo di app? Per rispondere a questa domanda bisogna valutare il tipo di applicazione che si sceglie di realizzare: se l’app è a pagamento, infatti, il guadagno dipende dal numero di download dell’applicativo. Più utenti acquistano la app, maggiore sarà il ricavo per lo sviluppatore.

Se invece l’applicazione è gratuita, la differenza la fa l’adverising. Come evidenziato poco sopra, il guadagno dipende dagli spazi che all’interno della app sono destinati agli annunci pubblicitari. In tal caso, saranno le visualizzazioni degli utenti e i “clic” generati a determinare il guadagno dello sviluppatore.

L’esempio italiano, Movecoin

Tra le tante app che pagano gli utenti attualmente esistenti ce n’è una made in Italy: Movecoin.

Nata da una startup, è la prima app che “ti ricompensa per ogni km che percorri con moto ecologico”, come recita il relativo claim di presentazione. Questo significa che non si guadagna solo camminando, ma anche facendo qualsiasi tipo di attività che prevede il movimento umano. Che sia corsa, bici oppure jogging, l’importante è che ci si muova sfruttando le potenzialità del nostro corpo.

Il suo utilizzo è molto semplice. La app registra gli spostamenti da quando viene selezionato il tasto “inizia” a quando viene selezionato il tasto “termina”. Ogni chilometro vale 10 centesimi di euro e il pagamento avviene tramite il c.d. “movecoin”, la valuta propria di questo applicativo.

L’utente ha tre opzioni di utilizzo dei movecoin guadagnati: utilizzarli come buoni sconto in specifici negozi convenzionati con l’applicazione, convertirli direttamente in euro accreditandoli su un’apposita carta prepagata, oppure convertirli in criptovaluta e metterli all’asta, cedendoli al miglior offerente in cambio di altre criptomonete.

Young Platform e Young Platform Step

L’applicativo Young Platform, con sede al Politecnico di Torino, è il primo exchange italiano che permette l’acquisto e la vendita di criptovalute. Si tratta quindi di una piattaforma di trading.

Collegata a Young Platform è Young Platform Step, che a sua volta funziona in modo del tutto simile a Movecoin, con la sola peculiarità che il guadagno per l’utente non si concretizza solo camminando, ma anche partecipando a dei giochi, dei quiz oppure completando delle sfide.

Ogni sfida mette a disposizione dei premi in YNG, il token dell’ecosistema di Young Platform, che consiste in una criptovaluta compatibile con la blockchain esterna Ethereum. Come per Movecoin, i token accumulati attraverso le attività svolte dall’utente possono essere utilizzati nell’ambito di promozioni riservate agli utenti della piattaforma oppure convertiti in altre criptovalute.

Quanto si guadagna davvero con queste app che pagano gli utenti?

Guardando all’esempio di Movecoin, per il quale un chilometro percorso equivale a 10 cent, è facile intuire la risposta. Che si scelga di camminare, di partecipare a dei sondaggi o di giocare online, non è possibile sperare in grossi ricavi.

Tuttavia, nell’approcciarsi a questi applicativi è sempre bene tenere presente qual è lo scopo che si cela dietro al loro utilizzo. Si tratta di strumenti fatti per permettere all’utenza di racimolare qualche soldo extra, o di usufruire di buoni sconto, o al massimo di farci fare attività fisica, ma nulla più.

Se si parte invece dal presupposto di voler basare la totalità dei guadagni interamente sull’utilizzo di queste applicazioni, è ovvio che è necessario ricalibrare gli obbiettivi e abbassare le aspettative.

Le implicazioni dal punto di vista della privacy

In genere, quando si parla di applicazioni scaricabili gratuitamente o, come in questo caso, che permettono all’utente di guadagnare denaro, il concetto di gratuità (o, nel secondo caso, di profitto) assume un significato del tutto particolare. Ad una più attenta analisi, è facile rendersi conto che la convenienza tanto vantata da queste app non è così vantaggiosa per l’utente.

Innanzitutto vi sono dei rischi in tema di cybersecurity, per i quali questo tipo di applicazioni costituirebbero dei veri e propri incubatori di virus e malware.

Soprattutto però la “merce di scambio” che questi applicativi chiedono in cambio di un loro utilizzo gratuito o addirittura profittevole per l’utente, infatti, sono i dati personali. Gli smartphone trattano un insieme estremamente vario di dati, a seconda delle app che vengono scaricate e usate dagli utenti. Si va dai dati personali più comuni, come i dati di contatto o i dati fiscali, ai dati economico/finanziari, ai dati relativi ai nostri gusti e alle nostre abitudini, fino anche ai dati sanitari.

Quali dati vengono tipicamente trattati, e come?

Come si può facilmente verificare leggendo le privacy policy delle applicazioni più note, in linea di principio vengono sempre trattati i dati che servono per la registrazione all’applicativo, (nome, cognome e indirizzo e-mail). Poi, a seconda delle funzionalità dell’app, anche i dati utili al perfezionamento dell’acquisto di prodotti o servizi, pertanto dati economici e bancari, dati di navigazione o di connessione, di geolocalizzazione, ma non solo.

Spesso infatti queste app raccolgono anche informazioni di carattere commerciale attraverso la profilazione, che consiste nella raccolta ed elaborazione dei dati degli utenti al fine di categorizzarli sulla base dei loro comportamenti.

Sebbene sia necessaria la previa prestazione del consenso dell’utente, si tratta in ogni caso di dati utilissimi per gli sviluppatori. Essi permettono infatti, attraverso l’analisi delle preferenze del singolo, di veicolare la pubblicità da mostrare all’utenza. D’altro canto, però, si tratta di informazioni ben più private, ad esempio, dei semplici dati di contatto, in quanto attengono alla sfera più intima dell’utente e ai suoi gusti personali.

Convengono davvero queste app che pagano gli utenti?

In conclusione, guardando alle possibilità concrete di guadagno che questi strumenti offrono, il gioco vale veramente la candela? Vale davvero la pena scambiare i nostri dati personali, talvolta anche relativi al nostro stato di salute o alle nostre abitudini di vita, per 5, 10, 20€, o per compiere attività che potremmo benissimo compiere da soli, senza l’ausilio di uno strumento elettronico?

Non c’è in realtà una risposta giusta o sbagliata, la scelta deve spettare al singolo. I dati personali appartengono all’utente, il quale è l’unico che può decidere a chi conferirli o a chi permetterne il trattamento. L’importante è che ci venga fornita un’adeguata informazione sull’uso che queste app fanno dei nostri dati, in modo da poter comprendere le implicazioni del conferimento degli stessi e compiere delle scelte consapevoli.