È sotto gli occhi di tutti che la pubblicazione di foto di minori sui social network,  anche senza il loro consenso, rientra tra i nuovi modi in cui si esprime la genitorialità nel mondo iperconesso di oggi.

È il fenomeno dello sharenting – termine derivato dall’unione di share (“condividere”) e parenting (“essere genitori”) – in virtù del quale, come spiega in questo video Guido Scorza, componente del Collegio del Garante Privacy, “sempre più spesso i genitori condividono pubblicamente attimi importanti della vita dei loro figli senza considerare quale sia realmente l’interesse del bambino”.

Già questa definizione lascia trasparire che dietro la pubblicazione di foto di minori si celano significative implicazioni etiche e giuridiche. Vediamo più da vicino di cosa si tratta.

Foto di minori in rete: i nodi etici

Il lato etico della questione riguarda principalmente i rischi che la condivisione di foto online, quindi anche sui social network, comporta, tanto in termini generali quanto, in modo particolare, nel caso di minori di età. Ed è rispetto a questi pericoli che i genitori “digitali” dovrebbero acquisire una consapevolezza sempre maggiore.

Un primo fattore di pericolo sorge nel momento stesso in cui l’immagine di un minore è pubblicata in rete. In quel momento se ne perde sostanzialmente il controllo, e le conseguenze possono essere anche molto pesanti.

Esiste innanzitutto un rischio legato al fenomeno della pedofili. In simili contesti, le foto rinvenute online potrebbero essere ritoccate per elaborare immagini pedopornografiche dei minori ritratti. Oppure, le stesse informazioni “collaterali” che da esse si ricavano – ad esempio sul luogo di residenza o sulla scuola frequentata dal minore – potrebbero fornire conoscenze utili ad avvicinare anche nella realtà fisica il ragazzino così individuato.

Foto di minori in rete: i rischi

Da non sottovalutare, inoltre, le possibili conseguenze che la condivisione di foto online di minori può avere in termini di furto di identità. Secondo uno studio della Barclays Bank, la quantità di dati oggi disponibili online di ragazzini di 11 anni – soprattutto foto, ma anche, di nuovo, le informazioni aggiuntive che queste rivelano – rende praticamente certa la possibilità che presto o tardi qualcuno possa impossessarsi dell’identità di quel minore, e possa fingere di essere quel ragazzino. Più concretamente, il medesimo studio calcola in 7 milioni i  furti di identità che effettivamente si verificheranno da qui al 2030 per effetto dello sharenting.

Un’ulteriore elemento cui i genitori dovrebbero prestare particolare attenzione è legato alla memoria sostanzialmente eterna della rete. Una volta messa online una foto, quindi anche quella di un minore, vi può rimanere per sempre, e tornare in evidenza in qualsiasi momento, anche a distanza di molto tempo.

Da qui il rischio cui, anche inconsapevolmente, i genitori espongono i loro figli: un giorno quell’immagine potrebbe diventare, nei modi e nei contesti più diversi – dal lavoro alla vita di relazione – un ostacolo al pieno sviluppo della loro personalità. E questo nonostante siano ormai persone diverse rispetto al momento della pubblicazione della foto. Essi, poi, potrebbero non aver scelto in prima persona di pubblicarla.

A parziale correzione di queste possibili conseguenze negative esiste comunque, rispetto alla condivisione online di foto di minori, un quadro di tutele giuridiche che merita di essere analizzato più da vicino.

Il consenso e le tutele giuridiche

Proprio con riferimento ad un aspetto cui si è in precedenza fatto riferimento – ovvero la circostanza per cui il minore ritratto nella foto postata in Rete potrebbe non aver scelto autonomamente di pubblicarla – un elemento di tutela viene dall’art. 8 del GDPR. La norma prevede la possibilità per il minore di età di esprimere egli stesso il consenso ai trattamenti dei propri dati personali nel contesto della fruizione dei “servizi della società dell’informazione”, tra i quali senz’altro rientra anche la condivisione di proprie foto sui social network.

Come funziona il consenso alla pubblicazione delle foto di minori

Più in dettaglio, la disposizione comunitaria riconosce la possibilità di cui si è detto al minore che abbia compiuto i 16 anni di età, lasciando al contempo ai singoli Stati membri la facoltà di stabilire un’età diversa, purché non inferiore ai 13 anni.

In tal senso si è mosso il legislatore italiano, che ha fissato l’età minima per la validità del consenso del minore  a 14 anni (al tema abbiamo dedicato anche questo articolo).

Nel caso di minore di età inferiore ai 14 anni il consenso è valido solo nel caso in cui sia “prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale”, come dispone in via generale l’art. 8 del GDPR.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, va considerato come, almeno in Italia e peraltro prima della stessa entrata in vigore del GDPR, la giurisprudenza ha definito i caratteri del consenso genitoriale alla pubblicazione online di foto dei figli minori.

Il riferimento è a una sentenza del Tribunale di Mantova del 19 settembre 2017, dalla quale si ricava che, peraltro anche in regime di separazione come nel caso di specie, ai fini della diffusione dell’immagine del figlio minore in rete è necessarioil consenso di entrambi i genitori. Si tratta infatti di un atto non riconducibile all’ordinaria amministrazione, considerata la potenzialità lesiva che, come si è detto in precedenza, tale divulgazione potrebbe avere sulla sfera privata del minore stesso.

Resta naturalmente inteso che, nel caso di figlio di età pari o superiore ai 14 anni, accanto al consenso di entrambi genitori è rilevante anche la volontà – non necessariamente conforme – del diretto interessato.

Quando i minori si oppongono alla pubblicazione delle proprie foto sui social network

In effetti non mancano casi di figli che hanno citato in giudizio i propri genitori lamentando l’indebita diffusione online di loro foto e le conseguenze che questo aveva avuto sulla loro vita. Ne possiamo citare almeno due.

Il primo è quello cui si fa riferimento in un’ordinanza del Tribunale di Roma del 2017 e relativo ad un sedicenne che, affidato ad un tutore dopo la sospensione della patria potestà dei genitori conseguentemente a vicende relative alla loro separazione, ha ottenuto soddisfazione rispetto alla condotta della madre – un massiccio utilizzo dei social network per diffondere immagini e dettagli sulla vicenda del figlio – sanzionata dal giudice in quanto lesiva dell’immagine e reputazione del ragazzo e tale da pregiudicarne i rapporti attuali e futuri con i propri coetanei.

La seconda vicenda, infine, ci porta in Austria. Nel 2016 una diciottenne ha denunciato i propri genitori dopo aver scoperto quante foto di lei bambina fossero state postate dai genitori sul social network. Ciò che soprattutto aveva irritato la giovane è stato che le immagini, che la ritraevano anche in momenti molto intimi, fossero state pubblicate senza interpellarla in alcun modo, dandole la sensazione, stando alle parole, di “non essere presa sul serio”.