Il furto di segreti commerciali da parte di un concorrente rappresenta una vera minaccia per le imprese. Il cosiddetto know how costituisce infatti un asset aziendale immateriale particolarmente importante. Esso consente agli operatori economici di avere un vantaggio sui propri competitors, fondamentale quando si opera all’interno di un mercato concorrenziale. Il furto di segreti da parte di un concorrente può quindi causare un grande danno per l’impresa sul piano della competitività e dei vantaggi economici che da essa derivano.

Quali sono le tutele previste dal nostro ordinamento contro il furto di segreti commerciali? Perché la protezione del know how è preferita da molte imprese rispetto alle forme “ordinarie” di tutela dei diritti di proprietà intellettuale? Quali misure può adottare l’impresa per proteggersi dal furto di segreti compiuto da un concorrente?

In questo articolo cercheremo di offrire una risposta a ciascuna delle domande appena formulate.

Prima di procedere oltre è necessario però comprendere cosa si intenda per know how e in cosa questo concetto differisca da quello di “segreti commerciali”.

Il know how: il tratto distintivo del concorrente

Il know how non è un concetto nuovo all’interno del panorama economico italiano, costituito per la maggior parte da piccole e medie imprese. Queste ultime presentano tendenzialmente una potenzialità innovativa maggiore rispetto ai grandi operatori economici che agiscono a livello nazionale e internazionale.

Ciò in quanto l’innovazione, il “saper fare” rappresenta il tratto distintivo che distingue tali aziende dagli altri players economici e permette loro di sopravvivere all’interno del mercato.

Con il termine know-how si intende “l’insieme delle conoscenze e delle abilità operative necessarie per svolgere una determinata attività lavorativa” (definizione tratta da Wikipedia)

Questo tipo di conoscenza si distingue dalle altre forme di sapere generalmente riconosciute e riassunte nel seguente schema:

Sapere teorico e know how

Il know how va tenuto distinto dalle informazioni commerciali che riguardano aspetti inerenti il business aziendale idonei ad attribuire un vantaggio all’impresa. Rientrano in questa seconda categoria informazioni quali:

  • il portafoglio clienti
  • l’elenco fornitori
  • algoritmi di machine learning per la profilazione degli utenti o fruitori del servizio offerto
  • le tecniche di marketing usate per la promozione di prodotti o servizi.

La nozione di segreti commerciali

I segreti commerciali (trade secrets) possono comprendere entrambi questi concetti. Poiché sia il know how sia le informazioni commerciali assicurano un vantaggio concorrenziale all’impresa che li possiede, è bene che tali informazioni siano mantenute riservate e non divulgate a terzi.

Segreti commerciali, informazioni commerciali e know how

Per comprendere quando un’informazione riservata rientra nella categoria dei “segreti commerciali” è necessario riferirsi all’articolo 98 del Codice della proprietà industriale (CPI). In base a questo articolo possono considerarsi segreti commerciali soltanto le informazioni che abbiano alcune specifiche caratteristiche. In particolare è necessario che ricorrano cumulativamente i seguenti requisiti:

  1. segretezza: deve trattarsi di informazioni non note o facilmente conoscibili dai competitors o da altre persone che operano all’interno del settore utilizzando informazioni simili;
  2. valore commerciale delle informazioni, derivante dal fatto che le stesse sono coperte da segreto;
  3. implementazione da parte dell’imprenditore di misure atte a preservare la segretezza di tali informazioni, che deve essere valutata secondo le circostanze concrete.

Qualora venisse meno anche uno solo di tali requisiti, il dato non potrebbe essere considerato segreto commerciale e quindi soggetto alla disciplina prevista dalla legge contro il furto di tali informazioni.

Furto di segreti da parte del concorrente: quali tutele prevede la legge?

Il furto di segreti commerciali trova all’interno del nostro ordinamento una disciplina ampia, trattandosi di una minaccia particolarmente seria per le imprese e la loro competitività.

Richiamando la classificazione proposta nella nostra Guida ai reati informatici in azienda, il furto di segreti commerciali commesso dal dipendente infedele integra un tipico esempio di minaccia interna all’organizzazione aziendale.

Si tratta anche di un pericolo diffuso. Secondo il rapporto “The board ultimatum: protect and preserve” condotto dalla società Baker McKenzie su scala globale nel 2017, un’azienda su cinque ha subito un furto dei propri segreti commerciali.

In un’ottica di prevenzione, la legge tipizza e sanziona il furto di segreti commerciali sia sul piano penalistico sia su quello civilistico.

La tutela penale contro il furto di segreti commerciali

La tutela penale del know how trova il proprio fondamento nell’art 623 C.P. che punisce la rivelazione di segreti scientifici o industriali. Questo articolo punisce il comportamento di colui che rivela o impiega a profitto di altri segreti commerciali o di notizie destinate a rimanere segrete su scoperte o invenzioni scientifiche di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte.

Il bene giuridico tutelato in ipotesi di furto di segreti commerciali

L’articolo 623 c.p. è collocato all’interno del Titolo dedicato ai delitti contro l’inviolabilità dei segreti. E’ possibile concludere pertanto che il bene giuridico oggetto della tutela in questione sia il segreto industriale, inteso come quell’insieme di conoscenze teorico-pratiche che assicurano a chi le possiede un vantaggio competitivo rispetto al proprio concorrente.

L’autore del reato: non solo il concorrente…

L’autore del delitto di rivelazione o furto di segreti scientifici o industriali è “chiunque”. Soggetto attivo del reato può essere perciò qualsiasi concorrente, dipendente o ex dipendente dell’impresa, collaboratori esterni, cybercriminali.

Tali soggetti possono avere un interesse ad appropriarsi abusivamente e/o a divulgare i segreti commerciali del proprio concorrente.

La scelta del legislatore di prevedere una platea così ampia di possibili autori del delitto di rivelazione o furto di segreti ha lo scopo di ampliare l’area del “penalmente rilevante”.

Quando si verifica il furto di segreti?

Le condotte che integrano il reato in parola (elemento oggettivo) sono molteplici:

  • la rivelazione di segreti commerciali o di notizie destinate a rimanere segrete. Tale condotta consiste nella divulgazione delle informazioni coperte da segreto a una persona diversa da chi è legittimato a sfruttare economicamente tali dati, in primis il concorrente.
  • l’impiego con profitto per sé o per altri di segreti commerciali o di notizie destinate a rimanere segrete. Si tratta, in sostanza, dello sfruttamento dei segreti industriali con finalità di profitto proprio o altrui. Secondo la giurisprudenza maggioritaria, la nozione di profitto può comprendere qualsiasi tipo di utilità anche di natura non patrimoniale.

Ai fini della consumazione del furto di segreti il reo potrebbe aver appreso tali informazioni:

  • sia in maniera legittima, ossia per ragioni del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte (I comma). Si pensi ad esempio al dipendente le cui mansioni prevedano la conoscenza e l’utilizzo del know how aziendale, ad esempio per efficientare le varie fasi del processo produttivo.
  • sia in maniera illegittima, ossia abusivamente (II comma). Si pensi al criminale che violi il sistema informatico del concorrente e rubi i segreti in esso conservati.

Un aspetto da tenere in considerazione riguarda la nozione di “segreti commerciali e di notizie destinate a rimanere segrete”, che non sempre coincide con quella di “informazioni aziendali” coperte da segreto (art. 98 c.p.i.)

I segreti industriali e le notizie destinate al segreto protette dalla legge penale potrebbero anche non essere oggetto di secretazione e ciò nonostante dare luogo comunque alla commissione del reato

Pena prevista e procedibilità nei confronti del concorrente

Il furto di segreti industriali è punito con la reclusione fino a due anni ed è prevista un’aggravante qualora la divulgazione o il furto di segreti commerciali sia commesso mediante l’utilizzo di strumenti informatici.

Il delitto è procedibile a querela della persona offesa. Ciò significa che la violazione del segreto commerciale, pur se grave, non darà luogo ad alcun procedimento penale in mancanza di un atto d’impulso da parte dell’imprenditore. Questo spiega la ragione per cui la tutela del know how all’interno del nostro ordinamento spesso non dia luogo all’applicazione di sanzioni penali.

Concorso con il reato di accesso abusivo a sistema informatico

L’illecito penale corrispondente alla rivelazione di segreti scientifici o industriali (art. 623 c.p.) potrebbe concorrere con il reato di accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter c.p.). Si tratta di un reato per il quale la legge prevede anche la responsabilità del datore di lavoro (società od organizzazione).

Come già spiegato in questo articolo, il delitto di accesso abusivo a sistema informatico può essere commesso quando un soggetto acceda abusivamente a un sistema informatico senza autorizzazione, oppure vi acceda legittimamente ma lo usi oltre i limiti consentiti.

Il concorso materiale di reati si verifica, ad esempio, quando il dipendente accede o si trattiene illegittimamente all’interno del sistema informatico aziendale ove sono custoditi segreti commerciali e se ne appropria. Una volta ottenute abusivamente tali informazioni, il lavoratore le rivela a un concorrente o le sfrutta economicamente a proprio vantaggio con finalità di profitto.

La tutela offerta dal Codice della proprietà industriale contro il furto di segreti

Oltre alla tutela penalistica, il know how riceve protezione anche in forza di una serie di disposizioni contenute all’interno del Codice della proprietà industriale.

L’articolo 124 CPI in particolare, prevede un articolato sistema di tutele caratterizzato dalla possibilità di richiedere l’applicazione alternativa delle seguenti principali misure:

  • Inibitoria della fabbricazione, del commercio e dell’uso dei prodotti costituenti violazione di diritti di proprietà industriale (e dei segreti commerciali);
  • l’eventuale fissazione di penali per la violazione o l’inosservanza del provvedimento inibitorio, nonché per ogni ritardo nella sua esecuzione;
  • l’ordine di distruzione dei prodotti costituenti violazione dei segreti, a spese dell’autore dell’illecito;
  • il sequestro, a spese dell’autore della violazione degli oggetti e/o dei mezzi di produzione del bene, fino all’estinzione del titolo di proprietà industriale.

A tali misure si aggiunge il diritto dell’imprenditore a ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del furto dei propri segreti. Tale risarcimento deve essere liquidato dal Giudice tenendo conto delle conseguenze economiche negative subite dal titolare del diritto – compreso il lucro cessante -, dei benefici ottenuti dal concorrente e, in casi specifici, anche dei danni non patrimoniali subiti dal titolare del segreto violato.

Il furto di segreti del concorrente come atto di concorrenza sleale

La protezione dei segreti commerciali è prevista anche in forza di alcune disposizioni vigenti in materia di concorrenza contenute nel Codice civile.

La nozione di concorrenza sleale è fissata dall’articolo 2598 c.c.  Vi rientrano questi comportamenti:

  1. L’uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o l’imitazione servile dei prodotti di un concorrente, o il compimento di atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente.
  2. La  diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o l’appropriazione di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente.
  3. Il ricorso, diretto o indiretto, a  ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda.

In una recente sentenza, la Corte di Cassazione si è occupata di un caso di furto di segreti commerciali compiuto dal dipendente infedele nei confronti del proprio datore di lavoro. Il concorrente di quest’ultimo aveva tratto vantaggio dalla condotta illecita tenuta dal lavoratore. La Suprema Corte ha qualificato tale comportamento come atto di concorrenza sleale, in quanto il concorrente aveva beneficiato del furto dei segreti commerciali compiuto dal dipendente, impossessandosi del portafoglio clienti del proprio competitor.

Ai sensi degli articoli 2599 c.c. e 2600 c.c. l’accertamento di fatti materiali di concorrenza sleale può dare luogo a una serie di conseguenze, in particolare:

  • l’inibitoria della continuazione degli atti di concorrenza sleale;
  • l’assunzione da parte del Giudice dei provvedimenti ritenuti opportuni per eliminare gli effetti di tali condotte;
  • l’obbligo del competitor di risarcire il danno causato al proprio concorrente qualora gli atti di concorrenza sleale fossero stati commessi con dolo o colpa – la quale deve intendersi presunta.

Preferire il know how: rapporto tra segreti e diritti di proprietà intellettuale

In un’ottica di prevenzione, le imprese potrebbero anche ricorrere a mezzi ulteriori di tutela dei risultati raggiunti nel campo della ricerca e dell’innovazione (R&D, acronimo del termine inglese Research and Development).

Uno di questi consiste nell’utilizzo dei diritti di proprietà intellettuale, quali brevetti, diritti su disegni e modelli, diritto d’autore.

Una via alternativa è rappresentata dalla secretazione e dallo sfruttamento delle conoscenze acquisite: il più volte citato know how.

Perché un’azienda dovrebbe preferire la tutela del know how alla protezione offerta dall’ordinamento ai diritti di proprietà industriale “canonici”?

Le ragioni sono soprattutto pratiche. La protezione legale dei segreti commerciali di un’azienda non è subordinata a costose procedure di brevettazione o di registrazione e conseguente rinnovazione.

Ragioni economiche portano quindi le imprese a preferire gli strumenti offerti dal legislatore a protezione dei segreti commerciali rispetto a quelli previsti in caso di brevetti o nel campo del diritto d’autore.

Cosa può fare l’impresa per impedire il furto dei propri segreti commerciali?

Secondo il rapporto della società Baker McKenzie sopra menzionato, il vulnus del sistema aziendale di protezione contro i furti di segreti commerciali è rappresentato dai rapporti – spesso non soggetti a controllo – con dipendenti e fornitori terzi.

È necessario capire quali misure possa adottare l’azienda per tutelarsi contro il furto di segreti da parte di un concorrente, commesso da quest’ultimo direttamente o tramite interposta persona. Di seguito indicheremo alcune possibili soluzioni di carattere sia teorico sia pratico.

In ordine al primo aspetto, l’impresa dovrebbe:

  • inserire nei contratti di lavoro clausole contenenti riferimenti specifici agli obblighi di fedeltà e riservatezza gravanti sui lavoratori dipendenti, sanciti dall’articolo 2105 c.c., inserendo un espresso richiamo alla protezione del know how;
  • in ipotesi di collaborazione con soggetti estranei all’organigramma aziendale (es. collaboratori esterni, intermediari, ecc.), prevedere un accordo di riservatezza – Non Disclosure Agreement o NDA. Questo accordo dovrebbe contenere specifici obblighi di riservatezza sulle informazioni apprese nel corso del rapporto. Dovrebbe inoltre disciplinare l’utilizzo, la divulgazione delle informazioni. In certi casi può prevedere il contingentamento del personale che abbia accesso a tali informazioni ed obblighi di consultazione documentale in loco;
  • elaborare una specifica policy relativa alla protezione del know how.

Esempi di misure attuabili

Le misure concrete attuabili all’interno del contesto aziendale potrebbero essere le seguenti:

  • riduzione del numero di persone che possono accedere alle informazioni coperte da segreto;
  • installazione di strumenti di monitoraggio degli accessi ai luoghi fisici (es. badge elettronico o autorizzazione cartacea ad hoc) e informatici (es. sistemi di autenticazione multifattoriale, credenziali dedicate) ove tali informazioni sono custodite;
  • implementazione di sistemi di tracciamento dei flussi seguiti dalle informazioni coperte da segreto. Ciò sia in ipotesi di conservazione fisica (es. registro delle consultazioni) sia in ipotesi di conservazione elettronica (es. controllo dei file di log) delle stesse;
  • investire sulla formazione dei dipendenti che hanno accesso ai segreti commerciali aziendali al fine di prevenire la commissione di furti e/o condotte infedeli da parte di questi ultimi.

L’attuazione di tali misure consentirà all’azienda di ridurre la probabilità di cadere vittima di condotte divulgative o di furto di segreti commerciali da parte di un concorrente o di terzi.