Almeno una volta nella vita è capitato a tutti di aver avuto la sensazione di essere registrati o il desiderio di registrare l’interlocutore. Registrare una conversazione col datore di lavoro può costituire reato? Oppure può portare con successo a ottenere una prova che altrimenti non si potrebbe mai avere? Per quali scopi si possono utilizzare le registrazioni? Come possono essere riversate in un processo?

Quando è reato registrare una conversazione (anche con il datore di lavoro)

È reato registrare la conversazione col datore di lavoro quando chi registra non partecipa alla conversazione. In questo caso l’azione equivale a una intercettazione non autorizzata. Pertanto, poiché è effettuata fuori dai casi previsti dalla legge (e ordinati dal giudice) è illegittima. Vale a dire che non ci si può sostituire alle forze dell’ordine (carabinieri, guardia di finanza, polizia, etc.) che eseguono l’ordine dell’autorità giudiziaria di intercettare uno o più soggetti.

Quindi non è possibile piazzare una “cimice” nell’ufficio del capo e registrare a tappeto qualunque conversazione, anche tra altri soggetti. Lo stesso dicasi ad es. se a registrare è un PC, se viene avviato da chi si trova in un altro luogo (a meno che non si partecipi “a distanza” alla conversazione, come durante una videochiamata). Non si può nemmeno azionare la registrazione e uscire dalla stanza, magari al fine di sollecitare così qualche rivelazione più spinosa.

Queste condotte costituiscono reato anche se poi si cancellano le registrazioni “che non servono”.

La difesa di un proprio diritto

Inoltre, è reato registrare la conversazione col datore di lavoro se ciò non è strettamente legato alla tutela di un proprio diritto.

Quindi non è possibile registrare a scopo “preventivo”, ad esempio per tener traccia di azioni del datore ancora perfettamente lecite. Oppure, è reato registrare per conto di un collega se il procedimento giudiziale riguarderà non chi registra ma il collega stesso.

Solo se la registrazione è strettamente collegata a un proprio diritto si potrà evitare di compiere il reato di interferenze illecite nella vita privata (punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni, art. 615 bis cod. penale).

Questa norma penale infatti mira a proteggere la riservatezza delle persone e la spontaneità delle conversazioni che generalmente avvengono non in un luogo pubblico ma in “privata dimora”.

Il luogo di lavoro può essere aperto al pubblico, ma non un luogo pubblico

Privata dimora è un concetto molto ampio. Si intendono luoghi (come abitazioni ma non solo) ove si compiono atti della vita privata, o finalizzati alla vita professionale, culturale e politica. Con la locuzione “privata dimora” si giunge a ricomprendere persino l’auto, il bagno, etc. e anche i luoghi ove si presta l’attività lavorativa.

Non deve ingannare il fatto che il luogo di lavoro possa essere aperto al pubblico (come uno studio professionale, un’azienda, un negozio etc.). Secondo i giudici si tratta comunque di un luogo di privata dimora.

Ad esempio la Corte di Cassazione ha precisato che “la facoltà di accesso da parte del pubblico non fa venir meno nel titolare il diritto di escludere singoli individui non autorizzati ad entrare o a rimanere” (Cass. Pen., 10444/2005). Ha così confermato che anche luoghi come uno “studio professionale, ristorante, bar, osteria, negozio in genere” sono privata dimora, specie quando sono schermati all’esterno.

Pertanto in questi casi la registrazione della conversazione col datore di lavoro, anche a sua insaputa, deve essere comunque finalizzata alla tutela di un diritto proprio del lavoratore.

Registrare una conversazione a distanza con datore di lavoro

In epoca di smart working si è portati più che altro a porsi dei quesiti sui controlli che il datore può attuare. Qui invece ci chiediamo se il lavoratore possa registrare la conversazione a distanza col proprio datore.

Da alcuni anni i giudici hanno chiarito che è legittima, purché volta a tutelare un proprio diritto, la registrazione della telefonata col datore di lavoro. Allo stesso modo è lecito registrare una videochiamata o altra chiamata anche senza video, purché vi si stia partecipando e per tutelare un proprio diritto.

Per quali scopi si possono utilizzare le registrazioni così ottenute?

Registrare una conversazione con il datore di lavoro deve essere finalizzato unicamente, come detto, a tutelare un proprio diritto. Quindi non si possono usare le registrazioni ad esempio, per parlar male del datore nella chat aziendale, sui social network, tra colleghi, fargli fare brutta figura con i clienti (o peggio, estorcere denaro o vantaggi), ecc.

La diffusione di tali informazioni potrebbe integrare un altro reato, il trattamento illecito di dati personali (punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, in alcuni casi, art. 167 Cod. Privacy), e una eventuale richiesta di risarcimento.

Anche il tempo di conservazione della registrazione della conversazione col datore di lavoro deve essere strettamente limitato alla tutela del diritto in sé.

Altre conseguenze possibili

Vi sono altre conseguenze spiacevoli derivanti dal registrare una conversazione con il datore di lavoro, nei casi in cui non è consentito. Ad esempio, se la registrazione è illegittima, e a seconda del contratto collettivo applicabile, il lavoratore potrebbe ricevere una sanzione disciplinare: dal mero richiamo al licenziamento nei casi più gravi.

Se poi la registrazione illegittima viene diffusa con lesione della reputazione aziendale, potrebbe sorgere anche il diritto al risarcimento del danno.

L’utilizzabilità nei procedimenti giudiziali

Il “Codice Privacy” (art. 2-decies) impone che i dati raccolti in violazione della normativa sulla data protection non siano utilizzabili. Tuttavia, l’utilizzabilità in un procedimento giudiziario di atti, documenti e provvedimenti basati sul trattamento di dati personali effettuato in violazione delle norme, resta disciplinata dalle disposizioni processuali applicabili al procedimento stesso (art. 160 Cod. Privacy).

Se quindi la registrazione è stata raccolta in modo lecito, per gli scopi che abbiamo detto, può astrattamente essere utilizzata, in coerenza con le regole di ogni tipo di procedimento (lavoro, civile, penale etc.), in ognuna di queste sedi.

Quanto detto sin qui vale in linea generale e ogni caso ha delle particolarità proprie. Inoltre le regole processuali sono spesso molto tecniche e il successo di un’iniziativa può dipendere dal momento processuale o dal tipo di eccezioni (di “obiezioni”) contro la prova così raccolta.

È bene dunque consultare un professionista sin dal principio della vicenda, non solo per evitare di incorrere negli errori che abbiamo citato, ma anche per valutare la concreta utilizzabilità della registrazione e le conseguenze che potrebbero derivare da un’acquisizione illegittima.