Cos’è l’age tech e a cosa mira? Con questa espressione ci si riferisce alla progettazione, produzione e distribuzione di tecnologia specificamente pensata per la popolazione anziana. Ciò include il design di app e dispositivi a misura di anziani. Si tratta di ritrovati tecnologici che puntano a intercettare e soddisfare i bisogni degli anziani (ma anche dei loro caregiver), e punta a includere gli anziani stessi tra gli stakeholders dei ritrovati tecnologici. Quello che connota tale tecnologia non è solo il target dal punto di vista anagrafico, ma anche le possibili fragilità fisiche e cognitive dei grandi adulti.

Secondo alcune stime, il mercato age tech potrebbe presto raggiungere i 2 trilioni di dollari. Il segmento della terza e quarta età, è risaputo, è una grande opportunità per le aziende che se ne occupino ed è già al centro della silver economy (ne abbiamo parlato in dettaglio qui).

Eterogeneità della popolazione anziana ed aree di interesse

Quando si parla di anziani in relazione alle tecnologie digitali e a cos’è l’age tech, la fascia di età può variare, nei vari discorsi e rappresentazioni, dagli over 60 agli over 75. Tuttavia queste categorie rischiano di non tener conto del fatto che si è di fronte a un gruppo molto eterogeneo, per differenti opportunità e risorse, per le diverse possibilità di accesso alla tecnologia e background sociale e culturale.

Spesso inoltre si ritiene che tali soggetti non intendano imparare e utilizzare le nuove tecnologie, mentre diversi studi provano il contrario. L’anziano è sempre più portato a considerare le tecnologie digitali come rilevanti per la qualità della sua vita.

Secondo una ricerca della American Association of Retired Persons (AARP) la maggior parte degli anziani utilizza uno smartphone (81% della popolazione tra i 60 e i 69, il 62% degli over 70). Videochiamate e altri servizi online sono sempre più apprezzati anche dagli anziani e percepiti come parte fondamentale delle loro vite quotidiane.

Cos'è l'Age tech: aree di interesse.

Le aree che presentano maggiori possibilità di investimento e fruizione in materia di age tech.

Socialità, giochi e tempo libero: l’age tech a servizio del dating

Per quanto alla socialità, fioriscono sugli store le senior dating app, app che favoriscono i match tra persone ben sopra i 50, contribuendo a sdoganare il dating virtuale come già sta accadendo per altre fasce d’età. Tra queste, per esempio: Finally, Older dating – Why not, Senior dating, Senior match, Senior single e molti altri. I promotori delle app, tra le informazioni degli sviluppatori, rassicurano sul fatto che si trovano persone divorziate e non, interessate a relazioni ufficiali o leggere, etc: sostanzialmente come nella vita “analogica”.

Da non sottovalutare anche i social network “di quartiere”, di cui abbiamo già parlato in un articolo dedicato.

Anche gli audiolibri entrano di diritto nell’elenco dei servizi preferiti in tema di age tech.

Tra le app dedicate al tempo libero se ne contano moltissime che sfruttano l’aspetto ludico per tenere allenate le capacità cognitive come la memoria e le abilità linguistiche. Oltre a molti memory games, ve ne sono alcune come Lumosity, che consente di giocare e cimentarsi in 25 tipi di giochi cognitivi su diversi livelli. I vari giochi si adattano in base ai risultati, proponendo sfide personalizzate sulla base del livello raggiunto.

Altre app come “Allena il tuo cervello” (e molte altre) sono indirizzate ad anziani con demenza da lieve a moderata. Possono tuttavia essere utilizzate anche da chi non ha alcun deficit cognitivo, che desidera tenere allenate le capacità cerebrali.

Facilitare l’utilizzo degli smartphone

Vi sono anche le app che mirano a rendere più semplice l’utilizzo degli smartphone. Le persone mature li preferiscono ai senior phones, cioè i telefoni con i tasti grandi, che generalmente non consentono la navigazione su internet e inoltre stigmatizzano l’eventuale deficienza fisica o anche solo la non confidenza con la tecnologia. Tra queste app ad es. “big launcher” e “simply launcher” hanno la caratteristica principale di ingrandire i tasti del telefono. Qui l’age tech consente di personalizzare alcune icone, e punta sulle scorciatoie per app e contatti frequenti e sulla possibilità di utilizzare il pulsante SOS in caso di pericolo.

Tra le app che facilitano l’utilizzo dello smartphone si contano quelle di sintesi vocale, utilizzate anche da coloro che non possono, per questioni fisiche o per il tipo di lavoro, “leggere” facilmente i contenuti dello smartphone. Con tali app lo smartphone legge ad alta voce il testo visualizzato sullo schermo.

Altre app, come Oscar Senior, si spingono oltre, permettendo il controllo da remoto del telefono (come alcune app di parent control). In questo modo l’anziano è aiutato nella fruizione di servizi come le videochiamate, la navigazione on line, il corretto uso delle app degli istituti bancari etc., magari da un familiare che non può stare accanto all’anziano per distanze geografiche o per questioni di lavoro.

L’Age tech per fare la spesa e altre amenità

L’elenco continua con le app che facilitano le incombenze quotidiane, come fare la spesa “da remoto”, preparare le liste della spesa e rispettarle. Altre app consentono di trovare professionisti come imbianchini, idraulici e tuttofare nelle vicinanze.

A facilitare la daily routine pensano anche app che limitano le problematiche connesse a improvvisi cali di memoria, ad esempio nel ricordare dove si è parcheggiata l’auto. Oltre agli strumenti di geolocalizzazione, alcune app come Follow My Car o ParKing memorizzano il punto in cui viene lasciata l’auto e ricostruiscono il percorso da seguire per raggiungerla.

A sostegno della salute per anziani e caregiver

L’age tech si prefigge anche di portare benefici alla salute degli anziani. Gli stakeholder dell’age tech tuttavia non sono solo gli anziani, ma anche la catena di cura, dalla famiglia al governo, dalle case di cura al correlativo indotto.

È noto che in molti paesi c’è carenza di caregiver e che per molte famiglie internalizzare tale funzione è tuttora un impegno gravoso.

Si parla a questo proposito di longevity economy per indicare l’insieme delle attività economiche a servizio dei bisogni degli anziani. Tali esigenze spesso si accompagnano al loro desiderio di vivere nelle proprie case, nel modo più sicuro e autonomo possibile. Secondo alcune stime, il global spending power degli anziani ha raggiunto nel 2020 i 15 trilioni di dollari.

In questo scenario negli USA e non solo fioriscono startup che investono su dispositivi tecnologici di protezione del benessere nell’invecchiamento. Gli esempi sono i più vari. Dalle bilance in grado di prevedere se chi le usa è a rischio di cadute, ai dispositivi per monitorare gli anziani anche sotto forma di smartwatch e gioielli.

Nel Sud-Est asiatico un’app abbina caregiver e pazienti grazie ai match effettuati dal motore di ricerca dopo aver opportunamente inserito specifiche caratteristiche.

Esistono infine le app per monitorare lo stato di salute, senza parlare dei progressi che la telemedicina ha fatto negli ultimi 20 anni. Ad esempio, alcune app (come Medisafe e MyTherapy) consentono di inserire i dati della terapia in modo da avere dei promemoria al momento in cui si devono assumere i farmaci, altre consentono di monitorare parametri vitali o legati ad alcune patologie come il livello di insulina.

Anziani tra pregiudizi e nuove tecnologie

L’age tech non va tuttavia vista solo come strumento di sostegno per fragilità e malattia. Infatti, secondo il Consiglio dell’Unione Europea la “digitalizzazione ha contribuito a raggiungere gli anziani durante la crisi COVID-19”. Sempre secondo l’UE, anche per gli anziani l’accesso alla comunicazione digitale è un servizio essenziale.

Come detto, da un lato la composizione della popolazione anziana “…è molto eterogenea, a causa delle differenze tra le singole situazioni di vita, e si caratterizza spesso da un elevato livello di autonomia” (Conclusioni del Consiglio, 09.10.2020). Dall’altro lato nelle sacche di popolazione anziana non caratterizzate da un buon livello di alfabetizzazione digitale, il divario con le generazioni precedenti aumenta sempre di più.

Una problematica consiste nel fatto che l’anziano non sfrutterebbe a pieno le performance di un certo strumento. Da questo punto di vista le aziende di servizi che ruotano intorno all’age tech raccomandano di offrire servizi anche post vendita che aiutino la comprensione delle piene potenzialità di un’app o un dispositivo.

Cos’è l’ageismo e cosa c’entra con age tech e AI

In questo contesto non si deve quindi indulgere in bias che portano all’ageismo. Si tratta di una forma di discriminazione basata sull’età, che comporta la svalorizzazione degli anziani, anche dal punto di vista tecnologico. Secondo l’OMS una persona su due discrimina sulla base dell’età, e in Europa i giovani tendono a farlo più che altrove.

Fino a poco tempo fa si è dato per scontato che gli anziani non fossero interessati alla tecnologia, o fossero generalmente analfabeti dal punto di vista digitale. Con il tempo si è osservato che tali pregiudizi poggiano su statistiche che hanno appunto dei bias iniziali. Essi sono dovuti anche alla rappresentazione stereotipata data dai media, contesa tra i due estremi che vedono da un lato un pensionato felice e sano, dall’altro una persona malata che necessita di cure.

Sempre secondo l’OMS persino la tecnologia basata sull’AI sarebbe spesso viziata da pregiudizi e discriminazioni che rischiano di perpetuare l’ageismo nella società:

Presupposti errati su come le persone anziane desiderano vivere o interagire con la tecnologia nella loro vita quotidianità possono anche limitare la progettazione e la portata di queste tecnologie. Inoltre, il modo in cui vengono utilizzate le tecnologie di intelligenza artificiale può ridurre il rapporto intergenerazionale o approfondire le barriere esistenti all’accesso digitale.

Pertanto, l’OMS raccomanda che gli sviluppatori di AI abbiano cura di attingere a dati completi e diversificati anche per età. Infatti, se il gruppo anziani è sottorappresentato in un paniere di dati, si rischiano generalizzazioni e distorsioni della descrizione del campione stesso. In assenza di una accorta raccolta e selezione di dati, tali distorsioni rischiano di riverberarsi a cascata su input e output della tecnologia AI.