Tra le molte sfide lanciate dalla diffusione delle auto a guida autonoma c’è anche quella di adattare l’attuale modello di assicurazione per la responsabilità civile. Questa tecnologia, destinata a diffondersi significativamente in un futuro non troppo remoto, mal si concilia con l’attuale regolamentazione delle assicurazioni obbligatorie e della responsabilità per i sinistri stradali, pensate per un mondo fatto soltanto di conducenti “in carne ed ossa”.

Il tema delle auto a guida autonoma affascina ormai da molti anni studiosi e imprenditori del settore. A partire dal progetto Eureka PROMETHEUS, iniziato nel 1987, varie società ed enti di ricerca hanno tentato di sviluppare prototipi di veicoli a guida autonoma o automatizzata.

Le ragioni di questo successo sono molteplici: dall’aumento dei flussi di traffico alla riduzione della congestione stradale, dalla sostenibilità ambientale alla creazione di reti di trasporto accessibili. L’obiettivo più meritevole riguarda, però, l’incremento del livello di sicurezza stradale. Secondo il recente rapporto “Road fatality statistics in the EU” pubblicato dal Parlamento europeo, infatti, il 95% degli incidenti stradali verificatisi nei Paesi UE nel corso del 2019 sarebbe dipeso da errori umani.

Uno sforzo degno di ammirazione, dunque.

Ciò nonostante, i sistemi a guida autonoma (“self-driving”) suscitano ancora perplessità e timori, soprattutto in relazione ai profili della responsabilità per danni e dell’assicurazione obbligatoria. Per comprendere meglio le ragioni di questa diffidenza è necessario capire in cosa consista effettivamente la cosiddetta “Automated Mobility” (letteralmente “mobilità automatizzata”).

Guida autonoma, automatizzata, manuale: che confusione!

Anzitutto è necessario sgombrare il campo da incertezze di natura terminologica.

Sembra esserci una gran confusione sul reale significato delle singole parole: “autonomia” e “automazione” sono spesso utilizzate come sinonimi, soprattutto dai “non addetti ai lavori”. In realtà si tratta di concetti distinti che identificano sistemi di guida fondati su tecnologie diverse, le quali a loro volta impongono il rispetto di precisi requisiti tecnici. I vari sistemi di guida (autonoma, automatizzata e manuale) possono anche essere installati cumulativamente sullo stesso veicolo, ma questo non deve trarre in inganno.

Nel tentativo di fare un po’ di chiarezza, potremmo riproporre la classificazione offerta da Matthias Hartwig, giurista e relatore scientifico presso l’IKEM (Istituto per la protezione del clima, energia e la mobilità), nel proprio contributo “Self-driving cars”:

  • Veicoli con funzione di guida manuale: sono le vetture che utilizziamo abitualmente. Qui la suddivisione dei compiti tra uomo e tecnologia è ben nota: il conducente non può distrarsi durante la guida e il controllo del veicolo dipende costantemente da lui. In caso di errore al volante, l’unico soggetto responsabile per i danni prodotti a cose o persone sarà il conducente.
  • Veicoli con funzione di guida automatizzata che può essere attivata dal conducente. In questi casi si assiste a una prima interazione tra uomo e macchina: la vettura può controllare l’accelerazione e la frenata (es. sistemi di frenata assistita), anche di emergenza, nonché lo sterzo in ipotesi di segnaletica orizzontale ben visibile. Ciò nonostante, il conducente non può disinteressarsi completamente della guida ma deve essere pronto a riprendere il controllo della macchina ogni qualvolta le circostanze lo richiedano. Il guidatore rappresenta ancora la “misura di sicurezza” in caso di pericolo o avaria del veicolo, nonché l’unico soggetto imputabile in ipotesi di responsabilità.
  • Veicoli con funzione di guida autonoma o indipendente. Diversamente da quanto accade nei veicoli a motore a guida automatizzata, in quelli a guida indipendente si assiste a una tendenziale sostituzione della macchina all’uomo. Qui il sistema controlla la posizione longitudinale e laterale del veicolo e interagisce con l’ambiente circostante adattandosi alle condizioni stradali. Inoltre, esso è programmato per reagire a particolari ipotesi di pericolo o avaria, adottando comportamenti prestabiliti. In queste ipotesi, il conducente non deve supervisionare il buon funzionamento del sistema e l’intervento umano è circoscritto a ipotesi di traffico straordinario o di pericolo eccezionale.
Infografica illustrativa dei sistemi di automazione su un veicolo

Infografica illustrativa dei sistemi di automazione su un veicolo

Tale sistema necessita di architetture e di requisiti tecnici più sofisticati rispetto a quelli delle vetture a guida automatizzata. La progettazione dei veicoli “self-driving” presuppone l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale (“IA”) addestrati per mantenere il controllo del veicolo, il quale deve essere in grado di orientarsi in ambienti e circostanze sempre nuovi e di assumere le giuste decisioni. Si tratta di un tipico esempio di “Reinforcement Learning”, ossia di apprendimento per rinforzo, come già spiegato in questo articolo.

I diversi livelli di automazione

La distinzione tra funzioni di guida autonoma e automatizzata è strettamente collegata ai cosiddettisei livelli di automazione” (“livelli SAE”). Essi rappresentano una sorta di scala elaborata dalla Society of Automotive Engineers (SAE) che consente di classificare i veicoli a motore in base al loro grado di automazione. Più alto è il livello in cui si colloca la macchina e maggiore sarà il relativo grado di automazione.

Infografica sui livelli di automazione delle auto a guida autonoma a cura del Parlamento Europeo

Infografica sui livelli di automazione delle auto a guida autonoma a cura del Parlamento Europeo

Approssimando, per semplicità, potremmo dire che i veicoli con funzione di guida automatizzata si collocano ai livelli SAE 2 e – ancorché non pacificamente – SAE 3. I veicoli con funzione di guida autonoma sono invece riconducibili ai gradi di automazione SAE 3 e SAE 4.

Il livello SAE 5 comprende i soli sistemi a guida totalmente indipendente (“full automation”). In essi la vettura è in grado di controllare sé stessa in ogni situazione, anche non predeterminata, e di reagire correttamente ai diversi contesti stradali o ambientali (“under all roadway and environmental conditions”).

Il problema della responsabilità nei sistemi di guida autonoma

Alla luce di quanto detto, si comprende perché i veicoli con funzione di guida autonoma suscitano in una parte dell’opinione pubblica un misto di apprensione e diffidenza.

Le vetture self-driving sono dotate di sistemi di intelligenza artificiali basati su algoritmi, i quali consentono alla macchina di “imparare dai propri errori” e di assumere decisioni sulla base di parametri precostituiti (input). Di fronte all’alternativa tra effettuare una manovra brusca che comporterebbe la morte del guidatore e investire un pedone, ad esempio, la vettura potrebbe optare sempre per la prima alternativa, in quanto programmata per garantire in ogni caso la buona salute del conducente. In questo caso è necessario chiedersi se l’eventuale danno subito dal passante sia effettivamente imputabile al conducente del veicolo.

Ma pensiamo anche alle ipotesi di danno derivante dal malfunzionamento o da un errore di valutazione compiuto da questi sistemi “intelligenti”.

Si tratta di questioni, non certo secondarie, che hanno dei risvolti significativi sul piano della responsabilità civile, sia contrattuale sia extracontrattuale. La difficoltà maggiore, come si intuisce, è quella di stabilire chi abbia l’obbligo di risarcire il danno causato da un’auto a guida autonoma e se questo danno se possa essere coperto da un’assicurazione.

Auto a guida autonoma e incidenti: esiste un’assicurazione?

Le incertezze, infatti, aumentano ancor di più quando spostiamo l’attenzione dal piano della responsabilità civile a quello dell’assicurazione obbligatoria. Esiste un’assicurazione “ad hoc contro i danni causati da, o comunque riconducibili a, un sistema di guida indipendente?

Pensiamo al caso in cui un terzo subisca delle lesioni in conseguenza di un incidente stradale provocato da un’auto a guida autonoma (tragedia che, peraltro, si è effettivamente verificata in Arizona nel 2018 quando un veicolo self-driving di Uber ha investito mortalmente una passante).

In questa ipotesi, l’avvenuta conclusione di un contratto di assicurazione permetterebbe al soggetto ritenuto responsabile di far ricadere sulla Compagnia assicurativa le conseguenze patrimoniali dell’evento dannoso. Al contempo, il danneggiato avrebbe un patrimonio capiente da aggredire (quello della società) per soddisfare la propria pretesa risarcitoria. La sottoscrizione di una polizza assicurativa appare dunque necessaria.

Gli schemi contrattuali finora utilizzati sono stati “stirati” nel tentativo di dare copertura anche a queste ipotesi di responsabilità per danni. In materia extracontrattuale il riferimento normativo è rappresentato ancora dall’art. 2054 c.c., ai sensi del quale il conducente – in solido con il proprietario, di regola – risponde dei danni causati dal veicolo durante la circolazione stradale.

Pertanto, anche il proprietario dell’auto a guida autonoma ha l’obbligo di stipulare un’assicurazione contro i danni.

Ma fino a che punto i modelli contrattuali in uso potranno vincere la sfida lanciata dal settore automotive?

Una nuova assicurazione obbligatoria per le auto a guida autonoma?

Ci si chiede, in particolare, se i modelli assicurativi attualmente presenti sul mercato siano capaci di garantire un’adeguata copertura del rischio derivante dalla circolazione di auto a guida autonoma. Le Compagnie assicurative potrebbero ben presto essere chiamate a rivedere gli schemi contrattuali finora utilizzati e ad elaborarne di nuovi.

Infatti, nel caso di un veicolo con livello di automazione SAE 5, sarà ancora ragionevole affermare la sussistenza di una responsabilità in capo al proprietario/conducente per i danni da circolazione della vettura e quindi porre a carico di quest’ultimo l’obbligo di sottoscrivere una polizza RC? E in caso di risposta negativa chi altri dovrebbe concludere il contratto di assicurazione? Il produttore oppure il programmatore dell’algoritmo di driving?

Nei prossimi anni la situazione probabilmente non cambierà e l’assicurazione continuerà ad essere sottoscritta dal proprietario della vettura. Qualora la tecnologia mantenesse le promesse fatte, però, il sistema di allocazione del rischio ipotizzato finora dovrà necessariamente essere ripensato.

Stato dell’arte e sviluppi futuri

Con l’emanazione del Decreto Smart Road del 28 febbraio 2018, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha dato il via libera alla sperimentazione su strada dei veicoli a guida autonoma, autorizzando la società VisLab S.r.l. a compiere tali prove. Il 27 maggio 2019 è stata avviata la prima sperimentazione su strada pubblica a Parma e verso la fine del 2020 abbiamo assistito alla prima sperimentazione di una guida autonoma su strada gestita da Anas S.p.a., la numero 199 in Sardegna.

I sistemi di guida “full automation richiedono, però, un’infrastruttura adeguata alle caratteristiche delle automobili di nuova generazione. Di qui la necessità di creare vere e proprie smart roads”, ossia strade digitali capaci di fornire al veicolo informazioni sulla sicurezza, sull’ambiente stradale e sulle condizioni del traffico.

Solo in presenza di infrastrutture tecnologicamente avanzate le vetture a guida autonoma potranno dare il meglio di sé. È quindi necessario correre ai ripari e “svecchiare” le reti stradali e autostradali, sia nazionali che europee.

Ma non c’è tempo da perdere: secondo la Commissione, i veicoli a guida autonoma (SAE 5) potrebbero fare il proprio ingresso nel mercato già a partire dal 2030