Fino a qualche anno fa l’uomo era considerato l’unico capace di realizzare opere o invenzioni creative tutelate dal diritto d’autore. Tuttavia, oggi, con l’avvento della Rivoluzione digitale e dell’Industria 4.0, questo suo primato è messo in forte discussione. Infatti, l’esponenziale crescita e diffusione dell’Intelligenza Artificiale sta profondamente cambiando il nostro mondo, dimostrandoci che anche una macchina può inventare, dipingere e dialogare.

Siamo di fronte ad un processo evolutivo che sta coinvolgendo anche il mondo dell’arte, della musica, della letteratura e delle invenzioni in generale.

Risale a poco più di due anni fa la prima vendita all’asta di un’opera firmata dall’algoritmo che l’ha generata. Si tratta del ritratto, intitolato Edmond de Belamy, frutto dell’addestramento impartito al sistema di Intelligenza Artificiale dal gruppo di giovani studiosi e fondatori di Obvious. L’opera è stata venduta dalla nota casa d’aste Christie’s al prezzo di oltre 432 mila dollari, inaugurando, così, una innovativa tradizione pittorica.

Rimanendo in campo artistico, si pensi anche ad Ai-Da, il robot umanoide le cui opere sono state esposte al Design Museum di Londra, nell’estate 2019. In questa mostra intitolata “Unsecured Futures”, l’IA ha dimostrato la sua capacità di realizzare ritratti e dipinti concettuali, degni di un artista in carne ed ossa.

Allo stato attuale, è evidente che l’applicazione dell’IA possa condurre alla creazione di opere o invenzioni che, se realizzate da un uomo, riceverebbero tutela giuridica. Ecco allora che sorge spontaneo l’interrogativo circa la possibilità di applicare il diritto d’autore anche alle invenzioni ottenute grazie all’impiego di sistemi di intelligenza artificiale.

Facciamo il punto: l’IA che inventa e il caso DABUS

L’acronimo DABUS sta per Device for the Autonomous Bootstrapping of United Sentience, ed è nota come una vera e propria macchina creativa. In particolare, si tratta di un complesso sistema di reti neurali capace di generare idee, analizzarle criticamente, e valutarne le conseguenze in un’ottica predittiva. L’Intelligenza Artificiale DABUS sarebbe stata in grado di produrre autonomamente due invenzioni: un contenitore per alimenti e un dispositivo di segnalazione luminoso per ricerche e soccorsi. Il Dottor Thaler, ideatore del sistema di IA, nel 2019 ha fatto richiesta di brevetto europeo per le citate invenzioni, indicando come inventore proprio DABUS.

L’European Patent Office (EPO) ha, però, respinto entrambe le domande di brevetto sostenendo che l’inventore può essere solo un essere umano e non una macchina. La motivazione della decisione  si fonda sull’articolo 81 della European Patent Convention (EPC), che recita: «la domanda di brevetto deve comprendere la designazione dell’inventore (…)». In aggiunta, l’articolo 19 del Regolamento d’esecuzione dell’EPC precisa: «la menzione dell’inventore (…) deve contenere il cognome, i nomi e l’indirizzo dell’inventore».

La risposta dell’EPO è stata lapidaria nell’escludere che un sistema di intelligenza artificiale possa essere riconosciuto autore di un’invenzione da lui stesso generata. Difatti, si sostiene che i “nomi” degli oggetti, come DABUS, non hanno la stessa funzione dei nomi delle persone, che servono ad attribuire i diritti della personalità. Ad esempio, nel diritto italiano il diritto al nome è riconosciuto dagli articoli 6-9 del Codice Civile. Insomma, il peccato originale di questo sistema algoritmico è quello di essere un prodotto artificiale, ed in quanto tale privo della possibilità di avere diritti.

Ma se l’IA non può essere considerata titolare del diritto d’autore sulle invenzioni che sono state da lei generate, chi può godere di tali diritti?

Cos’è il diritto d’autore

Per dare una risposta ad un simile quesito è opportuno procedere con ordine, e capire, prima di tutto, che cosa si intenda per diritto d’autore.

Gli ordinamenti giuridici riconoscono un valore allo sforzo creativo ed intellettuale che gli uomini compiono nel realizzare un’opera, in quanto espressione del proprio “io” interiore. La tutela per questa manifestazione d’ingegno è garantita dalla disciplina dei diritti di proprietà intellettuale, tra cui, appunto, il diritto d’autore.

Il diritto d’autore viene accordato con riferimento alle «opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione», come affermato dall’articolo 1 della Legge n. 633 del 1941  (LdA).

Per essere tutelata, l’opera dell’ingegno deve essere creativa, ossia nuova ed originale; tenendo presente che la creatività si manifesta quando l’opera esprime la personalità dell’autore. Nello specifico, sia l’originalità che la novità si intendono tali quando la forma espressiva dell’opera è diversa dalle precedenti.

Inoltre, il diritto d’autore si divide in diritti morali e diritti di utilizzazione economica dell’opera, ed il titolare è l’autore dell’opera stessa, inteso come persona fisica. Infatti, da sempre, elemento fondamentale ai fini della attribuzione della paternità dell’opera in qualità di autore è quello della soggettività umana del creatore stesso.

L’intelligenza artificiale può essere creativa?

Come già detto, uno dei requisiti più importanti per godere dei diritti d’autore è la creatività, in quanto è espressione della personalità dell’autore dell’opera.

Quello bisogna quindi capire è se, con riferimento ad un’opera dell’ingegno di un’Intelligenza Artificiale, si possa parlare di creatività.

I requisiti di una IA creativa

Gli elementi essenziali affinché possa parlarsi di macchina creatrice, o Art Generating System (AGS) sono quattro:

  1. Input. Sono dati e informazioni che vengono forniti al sistema per “allenarlo”; si potrà trattare di immagini, dipinti, suoni e così via.
  2. Algoritmo di apprendimento. L’algoritmo di apprendimento è il sistema di machine learning che lavora sugli input. La sua peculiarità è quella di individuare le caratteristiche salienti degli input e poi organizzarle in una struttura, che è quella dell’algoritmo di allenamento.
  3. Algoritmo di allenamento. L’algoritmo di allenamento è specifico per ciascun singolo sistema intelligente. Infatti, è nient’altro che il risultato delle rielaborazioni degli input effettuate dall’algoritmo di apprendimento. Nello specifico si tratta ancora di formule e operazioni, che non si concretizzano ancora nell’opera o nell’invenzione vera e propria. Insomma, questo algoritmo ha la funzione di dare vita agli output, e per farlo prende singoli pezzi e rappresentazioni trasformandoli in opera o invenzione.
  4. Output. Sono il lavoro prodotto dall’algoritmo di allenamento, ossia il risultato finale in termini di opera artistica o invenzione. Ciò che li contraddistingue è il loro essere innovativi rispetto agli input di partenza, frutto di rielaborazioni e trasformazioni che spesso sfuggono anche ai programmatori. Sono proprio gli output ad essere i protagonisti del nostro studio, perché è per essi che si può considerare una protezione tramite il diritto d’autore.

Se l’allievo supera il maestro: gli output inattesi dei sistemi di IA

A ben vedere, se la capacità elaborativa del sistema dipende dall’addestramento, allora il fattore creativo è dato totalmente dalla qualità dei dati impartiti dal programmatore durante lo stesso.

Tuttavia, i sistemi dotati delle tecnologie più avanzate di machine e deep learning sono capaci di agire in modo non prevedibile dal programmatore. Pertanto, ritornando all’esempio del caso DABUS, la capacità di “sorprendere” il programmatore potrebbe dar luogo ad invenzioni considerabili frutto della creatività del sistema?

Non vi sono risposte giuste o sbagliate, anzi non c’è ancora una risposta univoca.

Tuttavia, se nel diritto d’autore la creatività è il riflesso della coscienza e personalità dell’uomo, allora sarà impossibile parlare di creatività dell’IA. Ma se la creatività è intesa anche come imprevedibilità, allora anche l’IA più evoluta, che supera le impostazioni iniziali del programmatore, potrà essere considerata creativa.

Chi è titolare del diritto d’autore sulle invenzioni dell’Intelligenza Artificiale?

Come abbiamo visto, normalmente l’IA agisce sulla base di input forniti dal programmatore, ed il suo funzionamento dipende anche dalla programmazione dei suoi algoritmi. Ciononostante, grazie alle più moderne tecnologie le macchine hanno iniziato ad essere sempre più autonome e capaci di generare contenuti creativi innovativi e d imprevedibili.

Per capire quale sia la possibile disciplina giuridica applicabile alle invenzioni dell’Intelligenza Artificiale è necessario distinguere tra:

  • opere generate dall’IA con la collaborazione dell’uomo;
  • opere generate direttamente dall’IA.

La prima ipotesi implica un contributo creativo umano, ed il diritto d’autore spetta alla persona fisica che ha dato origine all’opera. La seconda ipotesi è quella che pone le maggiori difficoltà: rispetto a queste invenzioni dell’Intelligenza Artificiale, chi sarebbe il titolare del diritto d’autore? E se anche potesse esserlo la stessa Intelligenza Artificiale, come potrebbe esercitare tali diritti?

Le norme italiane ed europee in materia

La problematica principale deriva dal fatto che in Europa (ma anche oltreoceano) la titolarità di un diritto dipende dalla capacità giuridica, di cui i sistemi intelligenti sono sprovvisti.

La legge italiana non prevede alcuna espressa disposizione che faccia riferimento a queste ipotesi. Fortunatamente, però, a livello europeo il dibattito si sta sempre più accendendo.

Ad oggi, dal punto di vista normativo si possono richiamare la Direttiva Database e la Direttiva Software. Entrambe riconoscono solo le persone fisiche come titolari del diritto d’autore con riferimento ad un database o un programma per elaboratore. D’altro canto, anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea non appare propensa alla configurazione del diritto d’autore in capo ai sistemi di IA. Infatti, la Corte, perfettamente in linea con la citata decisione dell’EPO, sostiene che solo gli uomini hanno interesse alla tutela, morale e patrimoniale, dell’invenzione.

Per concludere, attualmente la soluzione maggiormente accolta è quella di attribuire la titolarità dei diritti d’autore dell’opera della IA all’ideatore del software, o comunque a colui che ha fornito gli input necessari per la rielaborazione e realizzazione della creazione. Per saperne di più, ti consigliamo di leggere il nostro contributo “quando si può brevettare un software?“.

Tuttavia, la soluzione più soddisfacente sarebbe quella di configurare una tutela “sui generis” simile a quella accordata ai contenuti delle banche-dati ai sensi dell’art. 102 bis L. 633/41.

Esempi di invenzioni dell’Intelligenza Artificiale

Numerosi sono gli esempi di invenzioni riconducibili all’Intelligenza Artificiale, intese come una qualsiasi opera generata direttamente da un algoritmo. Ne abbiamo esaminate alcune.

Robot poeta

PoAItry è il migliore ed unico (per ora) esempio italiano di Intelligenza Artificiale applicata alla poesia. Il volume che è nato, generato totalmente da un algoritmo, è una raccolta di 27 poesie, intitolato “Come un’anima di Cristo”. Michele Laurelli, l’inventore di PoAItry, ha insegnato ad una rete neurale artificiale la sintassi, il lessico e la struttura dei testi italiani. Questo è stato realizzato sottoponendo al sistema intelligente la “lettura” di diversi poeti della fine del XX secolo, affini per stile linguistico e contenuto poetico.

Leggendo uno dei componimenti contenuti nel libro è davvero difficile pensare che sia frutto di un asettico processo computerizzato. D’altra parte, quanti di noi avrebbero mai pensato che prima o poi le macchine avrebbero potuto scrivere poesie? PoAItry è un esempio emblematico della elasticità dell’avanzamento tecnologico: ora si può insegnare all’Intelligenza Artificiale anche ad essere un poeta.

La originalità di questa IA non è solo quella di riproporre parole in versi, ma anche quella di suscitare una evocazione poetica nel lettore. Ecco perché l’impatto di PoAItry è stravolgente: è indubbio che una macchina non possa provare emozioni, ma come può trasmetterle attraverso i suoi versi?

Robot Pittore

Numerosi sono gli esempi che possono essere citati in questo caso. Degno di menzione è Aaron, il primissimo robot pittore nato nel 1968, e rimasto fino al 2016 assistente del pittore, nonché suo inventore, Harol Cohen. I risultati ai quali è approdata questa tecnologia sono sorprendenti: figure astratte, disegni ed oggetti che il suo programmatore non aveva previsto. L’IA Aaron è riuscita, così, ad andare oltre la capacità creativa del suo ideatore. Sembra proprio il caso di affermare che l’allievo ha superato il maestro.

Un altro esempio di “arte computazionale” risale al 2016, quando dopo 400 anni dalla morte di Rembrandt è stato presentato  “The Next Rembrandt” . Il progetto, presentato alla galleria Looiersgracht 60 di Amsterdam, aveva l’obiettivo di creare un algoritmo capace di riprodurre la tecnica pittorica del noto artista olandese. Ci sono voluti 18 mesi per istruire il sistema intelligente a dipingere ed emulare lo stile pittorico del maestro delle luci e delle ombre.

Innanzitutto, è stato necessario fornire alla macchina numerosissimi frammenti pittorici estratti dalle opere di Rembrandt, circa 150 GB di dati, resi digitali mediante scannerizzazione. Dopodiché, i motivi geometrici maggiormente utilizzati dal pittore nella ritrattistica sono stati identificati e classificati da uno specifico algoritmo di riconoscimento facciale. Per finire, in base ai principi appresi l’algoritmo ha replicato lo stile, generando un risultato strabiliante: il The Next Rembrandt, appunto. Ecco che, questo ritratto di un uomo del XVII secolo, con baffi, cappello e tipico collare bianco, si confonde perfettamente con le originali opere dell’artista.

Robot compositore

Flow Machine è una IA che rappresenta il risultato del lavoro del Sony Computer Science Laboratory , ed introduce un nuovo modo per comporre musica. Il suo inventore, il musicista Carrè Benoit, nel 2018 ha debuttato con l’album Hello World, in cui l’unico strumento impiegato è questa rivoluzionaria tecnologia.

In questo caso, i musicisti ispirano lo strumento tecnologico fornendogli elementi da catalogare e rielaborare, come basi o accompagnamenti musicali. Sarà poi l’algoritmo che caratterizza questa IA ad unire o scomporre gli input, creando qualcosa di innovativo. A processo ultimato, i produttori non dovranno che scegliere tra le diverse proposte di tracce presentate. Insomma, siamo di fronte ad una vera e propria macchina creatrice di idee, che dà vita a pezzi che non hanno nulla da invidiare alle moderne hit.