Avete mai acquistato una bibita fresca, uno spuntino o semplicemente un caffè da un distributore automatico? Chi in attesa all’ufficio pubblico, o chi nella pausa al lavoro, tutti si saranno sicuramente serviti almeno una volta da questi dispositivi. Negli ultimi anni, infatti, la loro diffusione è cresciuta esponenzialmente, anche per il fatto che, a differenza dei bar tradizionali, questi hanno la capacità di soddisfare h24 i nostri capricci più immediati.

Tuttavia, probabilmente in pochi si saranno chiesti quale sia la normativa che regola i distributori automatici.

Quali sono gli obblighi dei gestori? Quali le tutele per il consumatore? Esiste un diritto al risarcimento, e in quali casi? Si paga l’IVA su queste operazioni o ne sono esenti?

In questo articolo, esploreremo la normativa che disciplina i distributori automatici e analizzeremo le tutele che sono state previste per garantire una migliore esperienza di acquisto al consumatore. In particolare, scopriremo come la legge assicura l’igiene dell’apparecchiatura, l’etichettatura corretta dei prodotti, la trasparenza dei prezzi e i diritti dei consumatori in caso di malfunzionamenti.

Definizione di distributore automatico

Quando si parla di distributori automatici (vending machine), si è soliti pensare a quelli che vendono prodotti alimentari e bevande.

In realtà, di questi apparecchi ce ne sono un po’ per tutte le esigenze: dai prodotti parasanitari (non è ammessa invece la vendita di farmaci) alle sigarette, passando ovviamente per quelli di generi alimentari. In generale, infatti, i distributori automatici sono dispositivi che forniscono prodotti o servizi senza la necessità di un operatore fisicamente presente.

Questi dispositivi sono progettati per offrire comodità e accesso immediato e a qualsiasi ora ad una vasta gamma di beni o servizi, sia in ambienti pubblici che privati.

Le diverse tipologie di distributori

Esistono perciò diverse tipologie di distributori automatici, ognuna concepita per soddisfare specifiche esigenze dei consumatori.

Ecco alcune delle principali tipologie “macchinette”:

  1. Distributori automatici di bevande: questi distributori automatici offrono una selezione di bevande, come caffè, tè, bevande analcoliche, succhi di frutta e acqua. Si possono trovare negli uffici, stazioni ferroviarie, aeroporti, centri commerciali e altri luoghi pubblici;
  2. Distributori automatici di sigarette: questi distributori automatici offrono la possibilità di scegliere tra decine di marchi diversi di sigarette, offrendo altresì la possibilità di acquistare accendini, filtri e cartine;
  3. Distributori automatici di cibi caldi: questi distributori automatici offrono pasti o piatti caldi pronti da consumare, come panini, pizza, sandwich, pasta, zuppe e piatti preparati. Spesso sono collocati in luoghi in cui le persone cercano un pasto veloce, come nelle stazioni di servizio o negli edifici degli uffici;
  4. Distributori automatici di prodotti per la cura personale: questi distributori automatici offrono prodotti come spazzolini da denti, rasoi, assorbenti, prodotti per la cura dei capelli e altri articoli di uso

Dopo aver elencato alcune delle principali tipologie di distributori automatici, suddivisi per prodotti offerti, in questo articolo ci concentreremo maggiormente su quelli che distribuiscono prodotti alimentari, analizzandone diversi aspetti in ambito giuridico e non.

Igiene & certificazioni

Uno dei profili maggiormente regolamentati riguarda sicuramente l’igiene e la sicurezza alimentare dei prodotti commercializzati.

La normativa di settore prevede che i distributori automatici che offrono cibo e bevande debbano rispettare rigide norme igieniche e standard rigorosi per garantire che i prodotti alimentari siano sicuri per il consumo.

La loro presenza ormai capillare, lungo le strade delle nostre città e nei luoghi pubblici o privati, richiede un’attenzione maggiore. Infatti, l’esposizione agli agenti atmosferici o più in generale all’escursione termica, potrebbe facilmente determinare contaminazioni batteriche, formazione di muffa o altro.

Gli apparecchi dovranno essere dotati quindi di dispositivi di conservazione e riscaldamento adeguati a mantenere i cibi ad una temperatura costante, isolandoli dall’esterno.

Obbligo di certificazione per i gestori

I distributori automatici dovranno essere regolarmente puliti e disinfettati da parte di operatori specializzati, sia all’interno che all’esterno. Oltre a ciò, i macchinari dovranno essere controllati frequentemente al fine di verificare il corretto funzionamento dei sistemi meccanici ed elettronici.

A questo proposito, la legge italiana ed europea (Regolamento europeo n. 852/2004 e successivamente D.lgs 193/2007) prevedono una serie di certificazioni di cui le aziende di vending machines dovranno dotarsi, al fine di assicurare la qualità del servizio.

In particolare, gli operatori incaricati di ricaricare il distributore e di provvedere alla pulizia dello stesso, dovranno conseguire la certificazione HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) sull’igiene dei prodotti alimentari.

Ai fornitori di servizi di distribuzione automatica sono inoltre richiesti adempimenti in materia di sicurezza sul lavoro. Ciò include fornire formazione appropriata, attrezzature protettive, valutare e mitigare i rischi per la salute e la sicurezza dei dipendenti.

Tra le certificazioni più richieste si trovano la certificazione ISO 22000 per la sicurezza alimentare, l’ISO 9001 per la qualità, l’ISO 45001 per la sicurezza sul lavoro e l’ISO 14001 per l’ambiente.

In sintesi, il rispetto delle certificazioni sulla sicurezza alimentare e sull’igiene e l’attenzione alla sicurezza sul lavoro sono fondamentali per garantire la salute dei consumatori, un ambiente di lavoro sicuro e costruire rapporti di fiducia con i clienti.

Mantenere alti standard di sicurezza alimentare, qualità, sicurezza sul lavoro e sostenibilità è quindi un investimento che ripaga sia a livello reputazionale che, senza dubbio, commerciale.

La normativa fiscale applicabile ai distributori automatici

Come qualsiasi altra attività umana che produce reddito, anche il settore dei distributori automatici è stato oggetto di interventi normativi in ambito fiscale, volti a regolarne il versamento IVA e la tracciabilità dei corrispettivi.

Due diverse aliquote IVA per altrettante fattispecie contrattuali

In primo luogo, è necessario specificare che i contratti stipulati tra i gestori dei distributori automatici e le società presso le quali sono collocati, sono due:

  • l’operazione di cessione di beni dal gestore alla società ospitante;
  • l’operazione di somministrazione di alimenti e bevande effettuate dall’azienda ospitante nei confronti dei consumatori finali (dipendenti o clienti).

A queste due distinte tipologie di operazioni, trovano applicazioni due distinte aliquote IVA:

  • Nel primo caso l’azienda ospitante effettua l’acquisto di beni e bevande dal gestore per poi somministrarli attraverso i distributori automatici posizionati all’interno dei propri locali. In questo caso tale operazione viene considerata come “cessione di beni” e pertanto comporterà l’applicazione dell’aliquota IVA propria di ciascun bene:
    • 22% per bicchieri, zucchero, caffè e snack;
    • 10% per acqua, tè, bevande al gusto di cioccolata e prodotti di
  • Nel secondo caso, invece il gestore posiziona i distributori automatici all’interno dei locali dell’azienda ospitante e si occupa in modo indipendente di rifornire le macchine, mantenerle, e raccogliere i proventi generati. In questo caso l’operazione è considerata “somministrazione diretta” e quindi trova applicazione l’aliquota IVA del 10%.

I distributori automatici devono rilasciare uno scontrino?

Secondo la normativa, i gestori di distributori automatici non sono obbligati a rilasciare alcun scontrino fiscale ai consumatori che ne acquistino i prodotti. L’art. 2, comma 1, lett. g) del D.P.R. n. 696/1996 prevede infatti che “le cessioni e le prestazioni effettuate mediante apparecchi automatici, funzionanti a gettone o a moneta” non siano soggette all’obbligo di certificazione.

La normativa non prevede neppure alcun obbligo di fatturazione per la cessione di beni ai consumatori che avvenga tramite distributori automatici, a meno che il cliente non lo richieda contestualmente all’acquisto ai sensi dell’art. 22, n.2) del D.P.R. n. 633 del 1972. A questo punto ci si chiede però come il consumatore possa richiedere l’emissione di una fattura, dal momento in cui l’esecuzione della prestazione avviene automaticamente. Come approfondiremo successivamente, infatti, la distanza materiale e l’assenza fisica del venditore, determina uno squilibrio di tutela, a cui la legge non ha ancora dato risposta.

Nuovi obblighi di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica

Dal primo gennaio 2023 è intervenuta una nuova riforma che ha parzialmente modificato ed uniformato gli obblighi di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle entrate.

Tanto il gestore del distributore automatico quanto l’azienda ospitante dovranno inviare elettronicamente all’Agenzia delle Entrate i dati dei corrispettivi giornalieri, eliminando la necessità di emettere scontrini o ricevute.

La “fiscalizzazione” dei dispositivi avverrà in due fasi:

  • la fase transitoria consente l’invio tramite dispositivi mobili fino al 31 dicembre 2022, evitando la completa sostituzione dei distributori;
  • la fase definitiva dal 2023 prevede la trasmissione diretta dei dati tramite le stesse vending machine appositamente configurate.

La nuova normativa fiscale comporterà un progressivo adeguamento dei distributori automatici esistenti al nuovo sistema. Prevedendo, nel caso in cui questi siano obsoleti, la loro sostituzione.

Il contratto di compravendita e i distributori automatici

Oltre alla rilevanza fiscale delle operazioni trattate, c’è un ulteriore profilo su cui riflettere. Quale tipologia di contratto rappresenta l’acquisto di un prodotto da un distributore automatico? Quali sono le obbligazioni delle parti contraenti? Quali le conseguenze del mancato adempimento?

Contratto di compravendita

Qualora non ci aveste mai riflettuto, l’acquisto di un prodotto dal distributore automatico consiste in un vero e proprio contratto. Ma di quale tipo? Con quali caratteristiche?

Come abbiamo già anticipato precedentemente, il consumatore che intende acquistare un prodotto, inserisce le monete e ne acquista la proprietà. Il contratto è concluso nel momento in cui il consumatore inserisce il denaro.

Da questa breve descrizione è chiaro come l’operazione di acquisto di un prodotto attraverso il pagamento di un prezzo, nonostante si caratterizzi per alcuni automatismi, configura un contratto di compravendita.

Cos’è l’offerta al pubblico?

Questa operazione si conclude automaticamente in assenza dell’altra parte, ovvero del gestore degli apparecchi. In questo contesto, perciò, il consumatore non ha nessun margine di trattativa, in quanto tutti gli elementi contrattuali sono già stati predeterminati dal distributore. Quest’ultimo prevede già l’oggetto della prestazione, il corrispettivo e le modalità di esecuzione (per esempio le modalità di pagamento e la restituzione del resto).

Pertanto, al consumatore non resta altro che accettare o rifiutare l’offerta. Per le caratteristiche sopra riportate, questo rapporto configura senza dubbio un’offerta al pubblico prevista all’art 1336 cc.

Questa è caratterizzata dal fatto che “il contratto si conclude con la sola dichiarazione di accettazione del destinatario”. Infatti, il consumatore con il solo gesto di inserire il denaro, conclude il contratto, dimostrando di accettare le condizioni imposte unilateralmente dal distributore.

Quali sono gli obblighi delle parti?

Per quanto concerne le obbligazioni delle parti, si può fare integrale riferimento alle norme del Codice civile.

Il venditore sarà obbligato quindi a:

  • erogare il prodotto scelto al compratore (non ci devono essere malfunzionamenti);
  • garantire che il prodotto sia conforme alle qualità stabilite e che sia immune da difetti (come, per esempio, che sia scaduto o che la confezione sia aperta).

Il compratore invece sarà obbligato esclusivamente a pagarne il prezzo.

Tuttavia, considerata l’automazione della prestazione, il rischio del mancato rispetto dell’obbligo da parte del compratore è di fatto molto limitato.

Le tutele per il consumatore

Considerato infatti che il gestore non è fisicamente presente al momento della conclusione del contratto, quali sono gli strumenti di tutela previsti in favore del consumatore nel caso in cui il prodotto presentasse dei difetti? Come viene tutelato il suo diritto?

Come vedremo nel prosieguo, il consumatore potrà richiedere alternativamente il ripristino, la sostituzione del bene, la riduzione proporzionale del prezzo, o la risoluzione del contratto, secondo quanto previsto dall’art. 130 del Codice del Consumo, il quale mira appunto a proteggere gli interessi e i diritti dei consumatori, che spesso si trovano in una posizione di svantaggio nel contesto degli scambi commerciali.

Come vedremo, questa normativa è applicabile anche ai distributori automatici.

La garanzia di conformità per i beni venduti tramite distributori automatici

Nel caso in cui il prodotto acquistato presenti difetti di conformità, il consumatore ha diritto a richiedere la sua sostituzione o riparazione. La normativa tutela ampiamente i diritti del consumatore, il quale potrà contestare i vizi dei prodotti acquistati dai distributori automatici entro 26 mesi dalla consegna.

Il codice del Consumo prevede che il venditore provveda:

  • senza ulteriormente gravare sulle spese del consumatore;
  • entro un congruo periodo di tempo.

Il consumatore può in alternativa chiedere una riduzione del prezzo pagato, in proporzione alla diminuzione di valore che il difetto ha arrecato al bene. Questo rimedio è esperibile, per esempio, nei casi in cui il vizio non sia tale da compromettere la funzionalità del bene. Ecco, quindi, che il consumatore mantiene la disponibilità del bene, e compensa il danno subito, con la riduzione del prezzo.

In alternativa ai rimedi finora indicati, il consumatore può anche richiedere la risoluzione del contratto. Ciò permette al consumatore di ricevere il rimborso del prezzo pagato, restituendo il prodotto difettoso a spese del venditore o fornendo prova di averlo spedito. La risoluzione ha perciò un effetto retroattivo tra le parti.

Attenzione però: il consumatore non avrà diritto a risolvere il contratto se il difetto del prodotto è di lieve entità. Sarà però il venditore a dover dimostrare che il vizio sia lieve, evitando così le conseguenze negative della risoluzione.

Il consumatore può chiedere il risarcimento del danno?

Nonostante il comma 2 dell’art. 130 del Codice del Consumo non indichi il diritto al risarcimento del danno per quanto sofferto dal consumatore, ciò non vuol dire che egli non possa richiederlo. In questo caso, infatti, il consumatore avrà diritto al risarcimento del danno sulla base di quanto previsto all’art. 1453 del Codice civile.

Il consumatore /creditore che intenda far valere il proprio diritto al risarcimento per la mancata esecuzione della controprestazione dovrà agire contro il soggetto distributore.

Immaginate questa situazione: un consumatore, dopo aver pagato per alcuni prodotti disinfettanti al fine di medicarsi una ferita presso un distributore automatico, non ottiene i prodotti pagati. Come conseguenza a questo inadempimento, egli patirà un danno rilevante alla propria salute. In questo contesto, la normativa tutela il diritto della parte creditrice (il consumatore) ad ottenere il risarcimento per l’inadempimento contrattuale del gestore dovuto al malfunzionamento del distributore.

In questo caso, ipoteticamente, il gestore sarà tenuto ad indennizzare il consumatore per il danno recatogli. Questo, salvo che il gestore non provi che la mancata erogazione sia causata da un evento straordinario o imprevedibile, ovvero fuori dalla sua sfera di controllo.

Tutela del consumatore: le informazioni obbligatorie sul prodotto

Se da una parte è vero che prevedere un’informativa precisa e specifica per ogni prodotto offerto dalle vending machine risulta complicato, dall’altra il consumatore non può essere leso nel suo diritto a ricevere le informazioni adeguate.

Questa questione ha acquistato sempre più rilevanza nel dibattito odierno, tant’è che ci sono stati negli anni alcuni importanti interventi legislativi.

Approfondiremo il tema nel paragrafo seguente.

Come garantire la trasparenza dei prodotti commercializzati?

Il consumatore ha il diritto di conoscere preliminarmente all’acquisto, le informazioni sul cibo e le bevande? Sì: egli, come nel caso dei prodotti al supermercato o dal negoziante di fiducia, ha il diritto di leggere le etichette prima dell’acquisto.

Le vending machine più comuni offrono infatti due tipologie di prodotti:

  • Cibo e bevande preconfezionate (spuntini, lattine, bottigliette);
  • Bevande sfuse o espresse (caffè, tè, bevande espresse).

Mentre per la prima categoria non c’è una normativa specifica che imponga ai gestori di distributori automatici l’esibizione degli ingredienti di ciascun prodotto, per la seconda categoria invece è stato emanato il decreto legislativo 231/17.

Tuttavia, il diritto del consumatore a conoscere le informazioni sui prodotti è garantito anche per cibo e bevande preconfezionate, a cui si applicano le stesse regole previste per le bevande sfuse.

Il decreto legislativo 231/17 prevede che le informazioni relative agli ingredienti e soprattutto agli allergeni dei prodotti contenuti all’interno delle vending machine siano ben visibili al consumatore. Inoltre, le informazioni devono essere in lingua italiana.

Le informazioni obbligatorie che il consumatore deve conoscere prima dell’acquisto

La normativa richiede che il gestore dei distributori automatici predisponga un apposito cartello, o sezione digitale, applicato agli apparecchi, indicando informazioni come:

  • la denominazione dell’alimento;
  • l’elenco ingredienti;
  • modalità di conservazione;
  • data di scadenza;
  • la designazione «congelato» ed altre minori.

Pertanto, la legge tutela il consumatore nel momento della scelta, al fine di renderla più consapevole e libera possibile.

Chi è responsabile della mancata o incompleta informativa?

Chi è responsabile qualora il consumatore acquistasse un prodotto e sviluppasse successivamente all’assunzione, reazioni allergiche, per il fatto di non aver potuto leggerne gli ingredienti?

Nel caso in cui il consumatore sviluppasse reazioni allergiche successivamente all’assunzione di uno dei prodotti alimentari contenuti nel distributore automatico, per non essere stato adeguatamente informato, il gestore ne sarà responsabile.

Il D.lgs. 231/17 prevede infatti alcune puntuali sanzioni in caso di violazione delle norme sull’informativa.

Conclusione

I distributori automatici sono diventati una presenza costante nelle nostre vite, offrendo comodità e accesso rapido ai prodotti di cui abbiamo bisogno. La normativa che li regola è stata introdotta per garantire che i consumatori siano protetti e possano fare scelte informate e sicure.

Dall’igiene alimentare all’etichettatura chiara, dalla trasparenza dei prezzi alla tutela in caso di malfunzionamenti, la normativa sui distributori automatici offre un quadro di regole e diritti che favoriscono un’esperienza positiva per i consumatori.

È fondamentale conoscere i propri diritti e segnalare eventuali violazioni per contribuire a migliorare la qualità e l’affidabilità dei distributori automatici nel futuro.