La centralità della tecnologia sta richiedendo nuove figure professionali capaci di interpretare il cambiamento anche a livello di singola azienda. Tra queste emerge il ruolo dell’Innovation manager, il manager 4.0 che guida i processi di trasformazione aziendale.

A cosa serve un Innovation manager?

Un Innovation manager è prima di tutto un consulente dell’impresa e dei suoi addetti. Il suo ruolo è quello di capire come l’azienda può implementare le nuove tecnologie nei suoi processi produttivi, organizzativi, logistici, di marketing e molto altro.

I cambiamenti tecnologici e il digitale hanno messo le aziende di fronte al fenomeno Industria 4.0. La Quarta rivoluzione industriale è entrata in modo rapido e prepotente nell’economia e ormai è chiaro che l’innovazione sarà la sfida dei prossimi anni.

Per questo oggi nelle aziende è importante una figura che sappia individuare quali opportunità cogliere dall’innovazione tecnologica.

Quali competenze sono richieste all’Innovation manager?

Come gran parte dei nuovi lavori di Industria 4.0, anche quello dell’Innovation manager richiede competenze in ambito digitale e tecnologico.

Non è sufficiente però la competenza tecnica. L’Innovation manager non è un ricercatore, ma si occupa di sfruttare al meglio la tecnologia, adattandola per creare nuove soluzioni per l’impresa.

Deve quindi conoscere i processi aziendali e avere una mentalità business oriented. Lo scopo infatti è capire come migliorare ambiti come il prodotto, l’organizzazione, il marketing o la gestione delle risorse umane in azienda.

L’importanza dell’Innovation manager per le PMI

Il fattore dimensionale dell’impresa è cruciale per cogliere le opportunità della rivoluzione digitale e dell’innovazione tecnologica.

La Commissione europea nella sua analisi annuale DESI (Digital Economy and Society Index) riporta come in Europa vi siano profonde differenze tra le grandi imprese e le piccole e medie imprese nell’utilizzo di servizi cloud (38% contro il 17%) e di analisi dei big data (33% contro il 12%).

Se poi guardiamo all’Italia, non troviamo una situazione di partenza incoraggiante. Ne abbiamo parlato a proposito dell’eCommerce: le nostre imprese sono in grosso ritardo nella trasformazione digitale. Anche se proprio recentemente vediamo una crescita notevole di alcune tecnologie, come il cloud computing (abbiamo approfondito l’argomento in questo articolo).

Le difficoltà maggiori si riscontrano nelle PMI, che non sempre hanno la solidità patrimoniale e la capacità finanziaria per fare nuovi investimenti.

Eppure le potenzialità ci sarebbero. Nel settore manifatturiero, motore dell’export italiano, un’iniezione di cultura digitale contribuirebbe alla crescita futura di molte imprese.

Incentivi pubblici per la consulenza dell’Innovation manager

L’importanza della trasformazione aziendale ha spinto qualche anno fa il Ministero dello Sviluppo Economico a creare i voucher per la consulenza in innovazione. Si tratta di un contributo statale a fondo perduto per le piccole e medie imprese. Con questo finanziamento le PMI possono coprire parte delle spese in consulenza per i processi di trasformazione tecnologica e digitale.

Per l’accesso ai contributi statali, il Mise ha creato un albo degli Innovation manager italiani. Si tratta di professionisti o società di consulenza che vengono iscritte in un apposito elenco dei manager dell’innovazione qualificati. Sono ammessi ai voucher solamente i consulenti scelti fra gli iscritti nell’albo oppure quelli indicati da una delle società di consulenza iscritte.

Il programma è stato ulteriormente finanziato per l’anno 2021 con ulteriori 50 milioni di euro. E sempre in tema di trasformazione aziendale, sono allo studio nuovi incentivi con il piano Transizione 4.0, che costituirà uno dei pilastri italiani del Recovery Fund.

Di quali tecnologie si occupa l’Innovation manager?

Nel bando del Ministero sono individuate le tecnologie da sviluppare con la consulenza dell’Innovation manager:

  1. big data e analisi dei dati;
  2. cloud, fog e quantum computing;
  3. cyber security;
  4. integrazione delle tecnologie della Next Production Revolution (NPR) nei processi aziendali, anche e con particolare riguardo alle produzioni di natura tradizionale;
  5. simulazione e sistemi cyber-fisici;
  6. prototipazione rapida;
  7. sistemi di visualizzazione, realtà virtuale (RV) e realtà aumentata (RA);
  8. robotica avanzata e collaborativa;
  9. interfaccia uomo-macchina;
  10. manifattura additiva e stampa tridimensionale;
  11. internet delle cose e delle macchine (“IoT”);
  12. integrazione e sviluppo digitale dei processi aziendali;
  13. programmi di digital eting, quali processi trasformativi e abilitanti per l’innovazione di tutti i processi di valorizzazione di marchi e segni distintivi (c.d. “branding”) e sviluppo commerciale verso mercati;
  14. programmi di open innovation.

Sono tutti temi molto rilevanti per implementare le innovazioni portate da Industria 4.0.

Il piano considera poi gli interventi necessari per migliorare gli assetti gestionali e organizzativi dell’impresa, attraverso:

  • l’applicazione di nuovi metodi organizzativi nelle pratiche commerciali, nelle strategie di gestione aziendale, nell’organizzazione del luogo di lavoro, a condizione che comportino un significativo processo di innovazione organizzativa dell’impresa;
  • l’avvio di percorsi finalizzati alla quotazione su mercati regolamentati o non regolamentati, alla partecipazione al Programma Elite, all’apertura del capitale di rischio a investitori indipendenti specializzati nel private equity o nel venture capital, all’utilizzo dei nuovi strumenti di finanza alternativa e digitale quali, a titolo esemplificativo, l’equity crowdfunding, l’invoice financing, l’emissione di minibond.

Certificare gli Innovation manager in azienda: è possibile?

L’innovation management è però soprattutto un’attitudine dell’azienda. Per questo recentemente è stata creata una serie di norme ISO rivolte proprio alla gestione dell’innovazione. Nel 2020 è stata pubblicata la versione ISO 56000:2020, che rappresenta lo standard di certificazione più aggiornato in questo ambito.

Le nuove norme si rivolgono espressamente a:

  1. organizzazioni che attuano un sistema di gestione dell’innovazione o che eseguono valutazioni della gestione dell’innovazione;
  2. organizzazioni che hanno l’esigenza di migliorare la loro capacità di gestire efficacemente attività di innovazione;
  3. utilizzatori, clienti e altre parti interessate rilevanti alla ricerca di fiducia nelle capacità di innovazione di un’organizzazione;
  4. organizzazioni e parti interessate che intendono migliorare la propria comunicazione attraverso una comprensione comune del vocabolario utilizzato nella gestione dell’innovazione;
  5. fornitori di servizi di formazione, valutazione o consulenza in materia di gestione dell’innovazione e sistemi di gestione dell’innovazione;
  6. sviluppatori nell’ambito della gestione dell’innovazione.

Si tratta di un’opportunità interessante per le aziende e tutte quelle realtà che vogliono certificare la propria capacità di innovare.

Ciò che però conta, alla fine, è che l’innovazione oggi è sinonimo di redditività e adattabilità dell’impresa. Per questo, al di là delle qualifiche e delle certificazioni, figure come quella dell’Innovation manager saranno sempre più centrali. Ma soprattutto sarà fondamentale che la singola azienda riesca a interiorizzare la gestione dell’innovazione nei propri processi di creazione di valore.