La servitization ha rivoluzionato il modo di essere delle imprese che producono beni di consumo. La sua nascita è l’effetto più visibile del cambiamento profondo che ha colpito il mercato dei beni di consumo negli ultimi decenni.

La competitività tra imprese è cresciuta esponenzialmente e molti settori produttivi sono ormai saturi. I prodotti fisici hanno cicli di vita sempre più brevi e la standardizzazione dell’offerta riduce il margine di utile ottenibile dai vari players. Molte imprese sono state quindi costrette a rivedere le proprie logiche produttive e a elaborare un modello di business maggiormente efficace.

Tra le strategie maggiormente adottate nel campo della vendita dei beni di consumo è emersa con forza la cosiddetta “servitization”, o “servitizzazione”.

Come vedremo nei prossimi paragrafi, tale approccio ha trasformato il sistema imprenditoriale tradizionale da un modello product-based, incentrato sul prodotto/bene di consumo, a uno service-based, basato sulla creazione di valore attraverso servizi collaterali. Grazie alla servitization la vendita di beni di consumo “tradizionale” ha lasciato il posto a un’offerta “complessa” di prodotti e servizi integrati.

Mai sentito parlare di servitization?

Cosa significa in concreto servitization? Come possiamo declinare questo modello di business nel settore della vendita di beni di consumo? Quali sono i vantaggi? Lo spieghiamo subito.

La servitization, o servitizzazione, è un paradigma manageriale e produttivo creato con l’obiettivo di rafforzare la posizione delle imprese nel mercato. Essa permette alle aziende produttrici di instaurare un legame (più) stabile con i consumatori, creando valore per questi ultimi e per sé stesse.

Il modello della servitization è basato sulla progettazione di un’offerta di sistemi integrati, sostitutiva del “tradizionale” modello di vendita di beni di consumo fisici. Attraverso la servitizzazione, cioè, la vendita di beni di consumo basata sulla logica transazionale “one shotlascia il posto all’offerta di soluzioni combinate di prodotti fisici e servizi collaterali.

La servitization deve il suo successo alla nascita e diffusione delle tecnologie ICT (information and communications technologies) capaci di mettere in relazione tra loro persone, sistemi e prodotti.

Sfortunatamente, questo concetto viene spesso definito in maniera ambigua. In particolare, nell’ambito della disciplina a tutela dei consumatori, la servitization è indicata come subscription economy o “economia della sottoscrizione”.

Nonostante la terminologia talvolta imprecisa, il concetto sotteso sembra essere lo stesso: un modello imprenditoriale che considera il bene di consumo non più come un semplice prodotto, ma come fonte di valore aggiunto.

L’oggetto fisico diventa cioè un “contenitore” per varie funzionalità collaterali che possono essere modificate, aggiunte, sostituite o integrate nel corso del rapporto venditore-consumer. Tra gli esempi di attività collaterali possiamo ricordare la consegna e installazione del prodotto, il supporto tecnico, la customizzazione, la sostituzione di componenti, l’estensione della garanzia, la diagnostica.

La vendita di beni di consumo diventa 2.0

Questo modello di business ha assunto un’importanza fondamentale nel settore della vendita di beni di consumo.

In questo ambito le imprese erano (e sono tuttora spesso) product-based per definizione, ossia incentrate sulla mera vendita di prodotti fisici. Esse non si sono mai preoccupate di tessere rapporti di fiducia con i consumatori.  A contare era solo una cosa: vendere quanti più beni di consumo possibili.

A causa dei cambiamenti che hanno interessato l’industria manifatturiera, le imprese sono state costrette a rivedere il proprio modello di business. L’obiettivo di ogni azienda – la massimizzazione del profitto – non poteva più essere raggiunto facendo leva unicamente sull’abbassamento dei prezzi. Questa inversione di prospettiva è stata favorita da due elementi principali.

Il primo riguarda la natura dei beni di consumo prodotti. I prodotti sono sempre più complessi e digitalizzati, ma più il bene offerto è articolato e all’avanguardia e meno sarà possibile mantenerne basso il prezzo.

Il secondo elemento ha a che fare con l’ingresso nel mercato di players fortemente competitivi. Tali competitors, spesso provenienti dal sud-est asiatico, possono contare su un costo del lavoro decisamente più basso rispetto a quello sostenuto dai “colleghi” occidentali.

Tali problematiche possono essere risolte solo adottando un modello di business incentrato sulla creazione di valore, anziché sulla semplice produzione di beni di consumo. Grazie alla servitization le imprese possono offrire non semplici oggetti, ma sistemi complessi di prodotti-servizi che favoriscono la nascita di una relazione duratura con il cliente.

Nel mercato dei beni di consumo il consumer preferirà i fornitori capaci di offrire quel “qualcosa in più” che agli altri manca. L’offerta combinata di prodotti e servizi consente al cliente di entrare in relazione con il fornitore per tutto il ciclo di vita del bene acquistato, usufruendo dei servizi collaterali a sua disposizione.

Digital servitization e oggetti “intelligenti”

La clientela presterà sempre più attenzione al valore d’uso di un prodotto e ai vantaggi che da esso può trarre.

“What a customer buys and considers value, is never a product… It is always what a product or service does for the customer”

(Peter Drucker, economista austriaco).

L’avvento delle nuove tecnologie ha influenzato anche il business model della servitizzazione, modificandolo profondamente e consentendo la creazione di un’offerta combinata di beni di consumo (materiali) e servizi digitali (immateriali).

Questo fenomeno è solitamente indicato con l’espressione digital servitization. Non si tratta di una semplice sfumatura terminologica ma di una modifica profonda del modello di business di cui parliamo.

A cambiare è anzitutto la natura dei servizi collegati al bene di consumo venduto. Assistiamo alla digitalizzazione e smaterializzazione delle attività correlate al prodotto fisico immesso sul mercato: è la subscription economy sopra ricordata.

Pensiamo ad Amazon Prime, Netflix o Shopify. In questi casi si genera un valore corrispondente a una maggiore comodità per il consumatore. Ad esempio, i clienti possono programmare  i propri ordini online in modo da non rimanere mai senza i beni di consumo preferiti (così per la funzione “acquisto periodico” di Amazon Prime, ad esempio).

Pensiamo, ancora, ai servizi di riparazione “intelligente”, alla diagnostica effettuata via web, all’efficientamento energetico favorito dal monitoraggio da remoto dei consumi.

Tutto ciò è divenuto possibile grazie all’avvento dei big data, dell’intelligenza artificiale e dell’Internet of Things (IoT), ma anche della sensoristica e del cloud computing.

I dispositivi “intelligenti” presentano infatti il maggior grado di servitizzazione oggi raggiungibile. Essi, rispetto ai normali beni di consumo, possono meglio incorporare servizi digitali collaterali eseguibili da remoto grazie alla connessione di rete.

La digital servitization si pone a metà strada tra il mondo dell’eCommerce e la sharing economy, e avrà un’importanza sempre maggiore nel prossimo futuro.

Servitization: i vantaggi per la vendita di beni di consumo

Cosa spinge un’impresa ad abbracciare la servitization come proprio modello di business?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo partire da un assunto: in un mercato globalizzato è necessario fidelizzare la clientela per ottenere un vantaggio competitivo.

Tra i maggiori vantaggi della servitization vi è quello di generare relazioni commerciali durevoli con i consumatori. Grazie alla differenziazione dell’offerta e al valore generato dalla vendita di sistemi complessi di beni-servizi è possibile creare un rapporto di fiducia con la clientela. Questo favorirà la generazione di ricavi omogenei e costanti nel tempo.

Ulteriori vantaggi sono di natura economica. Grazie alla servitization è possibile ottenere una riduzione dei costi di produzione dei beni di consumo o dei servizi offerti. È il caso, ad esempio, della diagnostica. Grazie all’offerta di attività collaterali di supporto tecnico da remoto e alla possibilità di effettuare manutenzioni preventive, il produttore può ridurre i costi di intervento e aumentare il margine di guadagno. Il tutto senza pregiudicare il valore percepito dal cliente (che avrà un bene di consumo sempre funzionante e in buono stato).

L’ultimo vantaggio è di natura strategica. Diversamente dai beni di consumo materiali, le attività collaterali sono più difficilmente imitabili dai competitors. I servizi attengono al piano dell’esperienza e delle emozioni, non a quello estrinseco delle caratteristiche fisiche. Il venditore riuscirà quindi a distinguersi più facilmente dai competitors e a creare un lock-in con il cliente.

Digital servitization e vendita di beni di consumo: il nuovo paradigma

Tra i maggiori vantaggi che presenta il modello della digital servitization applicata alla vendita di beni di consumo dobbiamo ricordare la migliore gestione del magazzino e la riduzione dei costi di stoccaggio.

Proiettando la relazione con la clientela in un intervallo temporale più lungo, le imprese possono gestire gli ordini più facilmente e ridurre le problematiche da “end of stock”. La prevedibilità della domanda consente di mantenere sotto controllo i costi relativi a distribuzione e logistica.

Tuttavia, quando un’azienda adotta un modello di business del tipo servitization deve considerare i rischi connessi alla perdita di interesse da parte del cliente. Essa deve quindi impegnarsi per catturare l’attenzione del consumer e mantenerla nel tempo, facendo sì che quest’ultimo continui a usufruire dei servizi incorporati nel prodotto acquistato.

Il passaggio alla servitization – soprattutto quando è digitalizzata – causa un aumento della complessità dei processi aziendali. Per un’impresa che intenda approcciare questo nuovo modello di business diventa quindi fondamentale agire in modo graduale. Il processo potrebbe richiedere tempo e, soprattutto, necessità di adeguata pianificazione. È necessario sviluppare nuovi processi interni che tengano conto della diversificazione dell’offerta (servizi + beni di consumo). Inoltre, il personale deve essere formato adeguatamente sul corretto funzionamento delle tecnologie adottate e sui meccanismi di personalizzazione dell’offerta.

Questo consentirà all’impresa di trarre il massimo vantaggio possibile in conseguenza del passaggio da una logica transazionale “vecchio stile” alla digital servitization.

Esempi di servitization di successo nel settore della vendita di beni di consumo

Aziende come Geox, Rolls-Royce e Panasonic hanno fatto del business model della servitization la base del proprio successo imprenditoriale.

Rolls-Royce, per esempio, offre alle compagnie aeree la possibilità di usufruire dei propri motori pagandone esclusivamente l’utilizzo e offrendo servizi di manutenzione di varia durata.

Si tratta del cosiddetto approccio pay-per-use (letteralmente “paga per usare”) in cui il cliente paga un importo corrispondente all’effettivo utilizzo del bene di consumo ricevuto. Non vi è dunque alcuna modifica nella titolarità del prodotto, che resta in capo all’originario titolare.

Panasonic, da ultimo, propone il servizio “The Roast” combinato alla fornitura di caffè in grani. L’offerta è progettata intorno a un apparecchio di torrefazione “intelligente” e prevede la fornitura di beni di consumo (confezioni di caffè in chicchi) in quantità corrispondente all’abbonamento sottoscritto.

Questi sono solo alcuni degli esempi che avremmo potuto fare. Le imprese che hanno creduto nella servitization  come soluzione ai problemi di saturazione dei mercati e di riduzione dei margini di profitto hanno avuto la meglio.

E voi cosa state aspettando? Adotterete la servitization come modello di business chiave per la vostra azienda?