Mostre e musei sono davvero pronti per traslocare nel metaverso? Sembra proprio che i tempi stiano per cambiare anche per i luoghi d’esposizione. Il phygital e l’onlife garantiranno ai visitatori nuove esperienze senza per questo snaturare l’esperienza tipica di questi posti. Forse però si andrà anche oltre.

Queste novità andranno a integrarsi non solo nell’ambito museale in senso stretto, ma in tutto il mondo dell’arte e dell’archeologia. E vedremo anche in che modo lo stanno già facendo.

È arrivata l’ora di ripensare totalmente l’esperienza museale grazie alle nuove tecnologie? E come?

Ma cos’è il metaverso?

Da quando il fenomeno è diventato mediaticamente rilevante, il termine “metaverso” ha iniziato a diventare molto problematico. La stampa generalista, con gran colpa anche delle principali testate nazionali, ha cominciato a banalizzare il termine.

Ne possiamo facilmente vedere gli effetti. Ora “metaverso” viene usato per indicare genericamente un qualsiasi mondo digitale aperto al pubblico, includendo anche semplici videogiochi online come i MMORPG (qui la definizione di Wikipedia). Quindi anche i mondi di normalissimi videogiochi di genere sandbox se implementano funzioni di MMO (Massively Multiplayer Online – qui la definizione) vengono ormai definiti metaversi. Niente di più lontano dalla realtà, seppur funzionale al marketing delle software house che così facendo si avvalgono di uno dei termini più trendy del momento.

Il termine “metaverso”, nella sua accezione in ambito tecnologico, nasce nel 1992 con il romanzo cyberpunk “Snow crash” di Neal Stephenson per indicare “uno spazio tridimensionale nel quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire” all’interno di una realtà virtuale. In molti avranno sicuramente pensato alla recente trasposizione cinematografica di “Ready Player One” ad opera di Steven Spielberg, ed al visore (con annessa tuta) con cui il protagonista esplorava il mondo di OASIS. Proprio l’uso di visori VR, o altri device che garantiscano l’immersione nel mondo virtuale, dovrebbe caratterizzare il metaverso.

Il problema dell’interoperabilità

Bisogna però rilevare che, ad oggi, non esiste un unico metaverso. Vi sono invece una serie di realtà proprietarie, più o meno virtuali, e tra loro non interoperabili, che vengono ormai chiamate metaversi. L’interoperabilità è tuttavia necessaria per la nascita di un vero e proprio metaverso (di interoperabilità avevamo già parlato qui).

Per fare un paragone calzante: il metaverso vero e proprio dovrebbe essere inteso come una specie di Internet che permette un’esplorazione libera, mentre i metaversi proprietari sono più simili a delle app che rappresentano dei grandi recinti digitali. Questo è al momento lo stato dell’arte, e quello che intendiamo quando parliamo di metaverso nell’uno e nell’altro modo.

L’interazione nel metaverso

È interessante notare, ampliando quanto appena detto, come stiano trovando applicazione anche la cosiddetta realtà aumentata (AR) e la realtà mista o mixed reality (MR). Grazie a queste tecnologie diviene possibile l’inserimento di elementi digitali nel mondo fisico con l’uso dei visori.

Non si deve per forza pensare esclusivamente ai mondi “soltanto” virtuali, la cui esplorazione è garantita dalla realtà virtuale o virtual reality (VR). Le strade sono infatti molteplici. Tutte le combinazioni di reale e virtuale sono inoltre genericamente riconducibili sotto la denominazione omnicomprensiva di extended reality (XR).

Ma tutto questo come si può applicare ai luoghi d’arte?

Il nuovo mondo dell’arte

Sono già innumerevoli le applicazioni che queste nuove tecnologie hanno trovato nel mondo dell’arte, e il loro perfezionamento procede a passo spedito.

Con la realtà aumentata i visitatori di un museo possono vedere immediatamente le informazioni relative a un dipinto mentre lo stanno osservando. La realtà aumentata infatti consiste nel veicolare digitalmente informazioni non percettibili attraverso i cinque sensi, ad esempio il nome di un quadro con il relativo artista, semplicemente inquadrandolo attraverso il visore. È astrattamente possibile inserire per esempio anche la storia del dipinto aggiungendo comandi che richiamino l’apposito riquadro informativo. Quanto sopra descritto è replicabile per ogni tipo di informazione che curatori e sviluppatori desiderino inserire.

Con la mixed reality diventa invece possibile camminare attraverso centri storici o siti archeologici ammirando la ricostruzione delle strutture come erano al tempo della loro edificazione o di massimo splendore. Sarebbe persino possibile creare una cronistoria delle modifiche architettoniche che si sono succedute sin dall’antichità in un determinato luogo. Tutto questo non può che rendere ancora più immersiva e indimenticabile l’esplorazione di luoghi storici e parchi archeologici. Il fulcro della mixed reality è appunto l’ancorare elementi digitali alla realtà fisica. È quindi facile capire la sua portata dirompente.

Il metaverso e i musei

Arrivati a questo punto non ci rimane altro che entrare nel metaverso “puro” grazie all’uso della virtual reality. L’ovvia conseguenza è la creazione di spazi espositivi o esperienze immersive in una realtà totalmente virtuale.

E se fosse possibile visitare il Museo Statale Hermitage di San Pietroburgo comodamente seduti in casa? Museo che già offre gratuitamente la possibilità di esplorare le sue stanze da remoto con tanto di informazioni sui dipinti a portata di clic. Anche in Italia abbiamo progetti simili, come ad esempio l’app Tecnologicamente Antichi, seppur non altrettanto imponenti ed audaci.

Il vero fattore di novità tuttavia è che sono già aperti musei esclusivamente virtuali, come quello di Vanity Fair che include opere di 19 diversi artisti digitali. Il progetto è indubbiamente molto interessante, ed è possibile accedere semplicemente scaricando l’app Hadem, a detta degli sviluppatori presto disponibile anche per Oculus, noto brand di visori. Si apre così alla possibilità di musei presenti solamente nel metaverso grazie alle nuove frontiere della tecnologia applicate all’arte.

Il metaverso dell’arte e il mondo crypto

I metaversi sono ormai una realtà da molto tempo, e da quando Facebook Inc. ha cambiato nome in Meta i riflettori sono tutti puntati su questa fantastica applicazione tecnologica.

Le novità introdotte negli ultimi tempi toccano anche il mondo crypto, ma non sono a questo affatto legate. Nonostante le definizioni piuttosto confuse e casuali delle principali testate italiane, il metaverso non presuppone nulla che riguardi blockchain o NFT. Queste tecnologie possono essere certamente integrate, ma non sono per nulla necessarie. Tuttavia, è quasi superfluo rilevare come il fenomeno crypto abbia contagiato ogni ambito, anche quello artistico e museale.

L’arte nel metaverso ed i musei di NFT

Restando nell’ambito museale, hanno già iniziato ad aprire musei dedicati esclusivamente agli NFT, come quello di Seattle.

Persino il governo ucraino ha deciso di utilizzare gli NFT come parte di un piano strategico nel conflitto attuale. Il primo annuncio è stato quello che avrebbe creato il MetaHistory NFT Museum, in cui sarebbero stato conservati e venduti i certificati di proprietà di opere digitali riguardanti il conflitto in corso. A ciò si aggiunge un NFT della bandiera ucraina, venduto per 6,7 milioni di dollari, e l’annuncio della conversione in NFT di tutte le opere d’arte del patrimonio del paese. Quest’ultimo ad opera della blockchain community locale e non del governo centrale di Kiev, seppur con il coinvolgimento del Ministro della Trasformazione Digitale.

Oltre questa parte particolarmente patinata si nascondono delle criticità che non potranno che essere risolte in via definitiva soltanto dal legislatore o dalla giurisprudenza. Si fa ovviamente riferimento a tutti quei problemi di natura legale che riguardano il diritto d’immagine e le proprietà intellettuale.

Questi temi sono venuti prepotentemente a galla quando la celeberrima azienda StockX ha deciso di cavalcare l’onda e lanciare anch’essa una collezione NFT. Nessun problema, se non fosse che la collezione riguardava immagini dei modelli più iconici di casa Nike, la quale ha prontamente risposto intentando causa al più celebre sito di reselling. Non è l’unico caso giudiziario in tema e sicuramente non sarà l’ultimo, ma quel che è certo è che Nike è pronta a sbarcare nel metaverso di Roblox con la sua collezione NFT. Sono chiari quindi tutti gli interessi economici sottesi allo sfruttamento di questi diritti (anche di questo avevamo già parlato qui e qui).

Questa breve divagazione era necessaria per accennare ai potenziali problemi legali legati alle opere digitali e all’attenzione sempre maggiore delle grandi multinazionali al tema.

La gamification dell’esperienza museale

Un altro dei termini più in voga del momento è certamente gamification”, ormai anche in ambito museale. Questo termine indica l’inserimento di elementi tipici dei videogiochi, come barre ed indicatori, per riprodurre una schema del tipo azione-ricompensa al loro esterno.

Molti siti hanno implementato soluzioni di questo tipo, ad esempio LinkedIn e molti altri per quanto riguarda la barra con percentuale di completamento del profilo. Il fine è ovviamente quello di migliorare l’esperienza dell’utente e soprattutto la retention, ossia la capacità di trattenere gli utenti sul sito. Senza contare anche la maggior quantità di dati personali che le aziende riescono a raccogliere sfruttando metodologie di questo genere. Molti di queste soluzioni vengono ormai anche applicate ai corsi di formazione, sia per mostrare la percentuale di avanzamento sia per aumentare l’interattività e l’attenzione con azioni da compiere sulle schermate.

Tutto questo non va visto solo collegato con il mondo digitale. Infatti, da qui il passo per arrivare a ripensare in questo senso anche l’esperienza museale è stato breve. Il cambiamento non poteva che trovarci tra i pionieri dato il grande patrimonio artistico italiano. Spinti da guru della gamification come Fabio Viola, molti progetti sono già partiti qui in Italia e molti altri vedranno la luce a breve.

Con la svolta del metaverso vedremo sicuramente molte altre applicazioni e il termine non sarà più ristretto a una piccola cerchia di appassionati.

I musei apriranno nel metaverso!

Sì, su questo non c’è dubbio. I musei apriranno nel metaverso, o almeno in quello che noi chiamiamo tale. Lo stanno già facendo, alcuni lo hanno già annunciato e altri lo faranno sicuramente.

Questo non vuol dire che sia un modello economicamente vincente per tutti e come per ogni impresa ci saranno dei rischi. Va sicuramente detto che per alcune specifiche realtà non si può che trattare di un investimento vincente. Se l’offerta si rivelerà qualitativamente soddisfacente, nomi del calibro del già citato Hermitage, del Louvre o dei nostrani Uffizi non potranno che richiamare una grandissima quantità di visitatori. Oppure si pensi a piccole realtà molto specializzate che grazie a queste tecnologie potranno essere facilmente raggiunte dalle comunità di appassionati di tutto il mondo.

Abbiamo già notato come il metaverso attuale sia un metaverso soltanto per modo di dire, e ancora molto deve essere fatto per arrivare al punto finale. Le aziende tenderanno a confinare gli utenti in recinti digitali come stanno facendo con le app, e quindi a costruire metaversi proprietari per aumentare la famigerata retention.

Tra aspettative e realtà

Un’opinione personale è che questo dualismo possa essere ripensato o sotto spinta delle istituzioni o tramite il ripensamento dell’esperienza stessa del normale internet. Ad esempio, con la creazione di specifiche interfacce VR per la navigazione che possano garantire all’utente una sensazione di continuità ed immersività. Continuità ed immersività sono appunto due fattori necessari per poter parlare di metaverso, e non basta definire qualcosa come tale perché lo diventi. Ma non è questa definizione che ci impensierisce, perché c’è bisogno di guardare oltre e di badare di più alla sostanza, tralasciando le immancabili strategie di marketing.

Prepariamoci dunque a ripensare ogni esperienza in ambito espositivo, museale o archeologico. Termini come phygital e onlife si stanno ormai diffondendo ed indicano appunto la commistione di fisico e digitale, di vita reale e online, non potendosi più tracciare un confine netto tra le cose. Questo sarà il destino anche del mondo dell’arte che certamente ne sfrutterà le potenzialità, si spera superando – e non sottovalutando – le criticità.

Il panorama al momento è quindi piuttosto chiaro e delineato. Resta solo la prova pratica.

Siete pronti a comprare biglietto e visore?