Il futuro ci porterà a una sempre maggiore interazione con i robot, nei luoghi di lavoro così come nelle nostre case. Questa convivenza però non ci lascia indifferenti e la psicologia ci sembra dire molto su come sarà il nostro rapporto con i robot.

La robopsicologia, o psicologia dei robot

Secondo il “Manuale di Robotica” di Isac Asimov nell’anno 2058 venivano stabilite le tre Leggi della Robotica.

La Prima Legge, la più importante, recitava:

Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.

Le Leggi servivano a garantire che i robot non prevalessero mai sugli umani e che la convivenza non potesse mai essere pericolosa per l’umanità. In questo modo le macchine potevano rimanere assoggettate al nostro volere.

Nei racconti di Asimov la protagonista Susan Calvin è una “robopsicologa”: un’esperta di psicologia dei robot, che cerca di capire che cosa si nasconde nel loro animo. I robot di Asimov, infatti, a causa di alcune modifiche non rispondono più alla Prima Legge, e sono in grado di mentire agli uomini e di ribellarsi.

Le opere di Asimov sono forse il più celebre esempio narrativo dell’inquietudine che suscitano i temi del rapporto uomo-macchina. Questa è forse l’immagine più classica che la maggior parte delle persone ha quando pensa al rapporto umani e robot. Ma è anche la più distopica e oggi (per fortuna) siamo molto lontani dagli scenari che Asimov ipotizzava per il 2058.

La Human-Robot Interaction è però un’area di ricerca molto viva e ricca di spunti per capire come sarà il nostro rapporto con i robot.

Un futuro di interazione robot-umani

I robot sono già fra noi e lo saranno sempre di più nei prossimi anni, anche se in modo diverso da come lo immaginava Asimov. Questo però non significa che non ci saranno questioni da risolvere e problemi da gestire, anzi.

Uno dei luoghi dove è più evidente e importante l’impiego di robot è la fabbrica. Il cambiamento portato da Industria 4.0 ha infatti automatizzato in modo evidente diversi aspetti dei processi produttivi. Non senza conseguenze.

L’enorme aumento di macchine impiegate nel settore manifatturiero sta già portando a tensioni sociali da non sottovalutare. La paura di perdere il posto di lavoro perché sostituiti da un robot è reale e diffusa tra molti lavoratori. Allo stesso modo però la robotizzazione della fabbrica ha anche le potenzialità per renderla più sicura, grazie a un minor coinvolgimento delle persone in attività pericolose.

Nelle fabbriche (ma in realtà non solo quelle) ci sono i primi segnali di cosa significa la convivenza fra umani e robot, e di come la psicologia umana giochi un ruolo determinante in questa interazione ormai in via di diffusione.

Il ruolo delle emozioni umane nei rapporti con i robot

Diversamente dai racconti di Asimov, a oggi non esistono robopsicologi come Susan Calvin che studiano i sentimenti e la psicologia dei robot. La ricerca sulla Human-Robot Interaction è però focalizzata sul conoscere meglio qual è il nostro rapporto emotivo con le macchine.

Ingegneri, fisici e psicologi stanno studiando il modo in cui le nostre emozioni possono influenzare la convivenza tra noi e i robot. Si tratta di un settore in buona parte inesplorato, ma non sarà un aspetto trascurabile nei prossimi anni. È molto probabile infatti che, anche al di fuori delle fabbriche e degli ambienti di lavoro, la diffusione dei robot sarà veloce e capillare. Basti pensare, su tutti, al ruolo di sistemi automatizzati nella gestione della casa o in altri servizi ai consumatori.

Anche il settore del marketing e del customer service è interessato a questo tipo di ricerche. Un recente studio, pubblicato sulla rivista “Psychology & Marketing”, ha voluto analizzare come le inclinazioni sociali di un singolo individuo condizionino il suo rapporto con i robot. Lo studio suggerisce, ad esempio, che le persone con uno “stile di attaccamento” ansioso elevato potrebbero preferire l’interazione con un sistema automatizzato invece che con una persona fisica. Si tratterebbe di un elemento da considerare per chi si occupa dei servizi al cliente nelle aziende.

La psicologia definisce anche la progettazione dei robot

L’importanza di una corretta progettazione, anche estetica, dei robot si sta rivelando sempre più importante, perché questo sembra condizionare il nostro atteggiamento nei loro confronti. Ad esempio si è scoperto che tendiamo a preferire robot dai tratti antropomorfi, perché rendono l’interazione con loro più naturale e meno disturbante.

Un interessante studio, pubblicato a marzo 2021 sulla rivista “Frontiers in Psychology”, ha analizzato le emozioni di un gruppo di lavoro che doveva svolgere alcuni compiti collaborando con un robot. I ricercatori hanno visto come gli errori del sistema o la mancanza di feedback scatenavano emozioni negative nei partecipanti, come frustrazione, irritazione e fastidio. Questo comportava una minore fiducia nella capacità di collaborare con i robot e una minore accettazione degli stessi.

I risultati dello studio suggerivano quindi di progettare i sistemi automatizzati senza ignorare l’aspetto emotivo umano. Un design antropomorfo e la presenza di feedback per l’operatore sembra siano fattori da considerare fin dalle fasi di sviluppo del robot, per favorire con successo l’interazione con le persone.

Dalla psicologia ai diritti dei robot

Ci sono anche casi in cui i robot sono diventati decisamente “parte del gruppo”. Negli scenari di guerra le forze armate da anni utilizzano i robot per scovare eventuali mine nascoste. L’importanza del compito affidato ai robot e il loro ruolo all’interno del gruppo hanno fatto sì che si creasse un vero e proprio attaccamento fra i robot antimine e i soldati. Furono diversi i casi di saluti e onori ai “commilitoni” caduti, per rendere omaggio a quelle macchine che si erano sacrificate per salvare le vite dei propri compagni.

Non si tratta di un esempio isolato. Kate Darling, ricercatrice del MIT Media Lab, ha condotto diversi esperimenti sulle emozioni che si provano nell’interazione uomo-macchina, scoprendo che siamo tutt’altro che indifferenti al destino dei robot.

L’empatia che proviamo nei loro confronti potrebbe anche avere conseguenze che oggi ci sembrano improbabili, come quella di riconoscere dei diritti ai robot. Esiste infatti un importante dibattito sulle implicazioni etiche e giuridiche del nostro rapporto con i robot, come spiega questo recente articolo de Il Post. L’analogia, proposta anche dalla stessa Darling, è quella tra robot e animali. Così come oggi è vietato – e punito – torturare e uccidere in maniera crudele un animale, in futuro ci potrebbero essere leggi simili per i robot.

La nostra psicologia potrà quindi farci considerare i robot non solo come oggetti, ma come esseri senzienti che dobbiamo tutelare.