Vendere online è diventato un’opportunità di business per molti, anche grazie alla facilità con cui è possibile farlo. Attraverso i marketplace (tra i più famosi Amazon, eBay, Zalando, Yoox, Alibaba e  Aliexpress) chiunque può aprire una vetrina online e vendere prodotti e/o servizi, approfittando della vasta community di utenti già iscritti e fidelizzati alla piattaforma.

Ma attenzione. Vi sono delle regole da seguire, soprattutto per alcuni prodotti. In particolare, sui marketplace potrebbe essere vietata la vendita di articoli di lusso contraddistinti da un marchio di prestigio (come cosmetici, abbigliamento e accessori).

Questo accade nell’ipotesi in cui tra produttore, titolare del marchio, e distributore vi siano accordi di distribuzione selettiva. Questi accordi possono prevedere il divieto di vendita dei prodotti su marketplace o su piattaforme eCommerce. Di seguito, una breve analisi del rapporto tra marketplace e prodotti di marca, nell’ambito della distribuzione selettiva.

Distribuzione selettiva e divieto di vendita al di fuori della rete di distribuzione

Che cosa si intende per distribuzione selettiva?

Si tratta di un accordo di commercializzazione in virtù del quale il produttore sceglie di mettere in vendita i prodotti esclusivamente attraverso rivenditori selezionati, dotati di determinati standard qualitativi (art. 1, lettera e) Regolamento UE n. 330/2010). Questi accordi prevedono spesso il divieto di vendita dei prodotti su siti o marketplace giudicati non idonei rispetto al posizionamento del brand.

Molte realtà corporate scelgono questi tipi di accordi per tutelare la commercializzazione dei propri prodotti. Infatti, il valore di un prodotto ed il prestigio del suo marchio si manifestano anche attraverso il canale di distruzione scelto.

Grazie a questo sistema, quindi, un imprenditore da un lato può scegliere quali rivenditori autorizzare, e, dall’altro, vietare la commercializzazione al di fuori della rete di distribuzione prescelta.

Divieto di vendita a distributori non autorizzati: contrasto con la normativa antitrust?

Il sistema di distribuzione selettiva, di fatto, ostacola la partecipazione di alcuni attori dal mercato (i distributori non autorizzati). In questo senso, la distribuzione selettiva potrebbe essere considerata idonea a ledere la disciplina sulla concorrenza.

Sia in ambito comunitario (art. 101 TFUE) che nazionale (art. 2 L. 287/1990) sono, infatti, vietati gli accordi tra imprese che hanno per oggetto o per effetto quello di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato.

Tuttavia, secondo le Linee Guida della Commissione Europea sulle restrizioni verticali (c.d. Orientamenti sulle restrizioni verticali 2010/C 130/01), questo tipo di accordi non ha effetti anticoncorrenziali se concorrono tre condizioni:

  • le stesse caratteristiche del prodotto (la qualità) richiedono una rete di distribuzione selettiva;
  • la scelta dei rivenditori avviene secondo criteri oggettivi di tipo qualitativo, applicati in modo non discriminatorio;
  • i criteri stabiliti non devono andare oltre il limite del necessario.

In presenza di queste tre condizioni l’organizzazione di una rete di distribuzione selettiva non ricade nel divieto di intese restrittive della concorrenza. In questo senso si è espressa anche la Giurisprudenza comunitaria (CGUE, sentenza 06.12.2017, Coty Germany Gmbh v. Parfumerie Azkente Gmbh, C-230/16).

Divieto di vendita su marketplace terzi anche per il rivenditore autorizzato

La ratio in tema di distribuzione selettiva è quella di permettere all’industria del lusso di distribuire i beni lontano dal luogo di produzione preservandone, presso i consumatori, l’immagine e la percezione del marchio.

Su queste basi si è affermata la liceità delle clausole contrattuali che permettono ad un produttore di vietare la vendita dei beni di lusso tramite marketplace terzi non appartenenti alla rete distributiva (CGUE, sentenza 06.12.2017, Coty Germany Gmbh v. Parfumerie Azkente Gmbh, C-230/16).

Questo tipo di clausole garantiscono infatti al produttore, anche nell’ambito dell’eCommerce, che i suoi beni vengano ricollegati ai rivenditori autorizzati, appositamente scelti e rispettosi di determinati standard. Questi potranno comunque vendere via web, ma solo attraverso il proprio sito internet oppure tramite piattaforme autorizzate.

Si evita così che il bene di lusso venga commercializzato su piattaforme che utilizzano modalità di vendita e promozione estranee al concept del titolare del marchio, tali da ledere l’immagine ed il prestigio del prodotto.

Divieto di vendita di prodotti di marca su marketplace non autorizzati: è possibile?

Secondo la giurisprudenza, .

I Giudici nazionali e comunitari, infatti, in presenza di determinate condizioni (vd. poi), hanno ritenuto il titolare di un marchio possa opporsi alla rivendita dei propri prodotti da parte di soggetti estranei alla rete di distribuzione prescelta, anche in caso di acquisto da rivenditori autorizzati.

In questi ipotesi, infatti, i marketplace non autorizzati non possono invocare il principio di esaurimento del marchio (art. 5, comma 1, del Codice della Proprietà Industriale), valendo la sua eccezione (art. 5, comma 2, c.p.i.).

In tema di marchi, il principio dell’esaurimento sancisce che il diritto di esclusiva del titolare si esaurisce dopo che il bene è stato messo in commercio.

Ma ciò non vale sempre. Infatti il titolare del marchio, qualora sussistano “motivi legittimi”, può opporsi all’ulteriore commercializzazione dei prodotti già immessi sul mercato (c.d. eccezione al principio dell’esaurimento).

E proprio l’esistenza di una rete di distribuzione selettiva può far sorgere la facoltà, per il produttore, di limitare o impedire la circolazione dei prodotti, anche se già immessi nel mercato. La distribuzione selettiva integra infatti, a determinate condizioni, quei “motivi legittimi” idonei a rendere operativa l’eccezione al principio dell’esaurimento.

Ma quali sono queste condizioni? Secondo i Giudici sono la sussistenza di un bene di lusso e l’adozione, da parte dell’eCommerce non autorizzato, di modalità di vendita tali da provocare un danno alla reputazione del titolare del marchio.

Marketplace e svilimento dell’immagine del bene di lusso

Nell’ultimo periodo il Tribunale di Milano (Ordinanza Trib. Milano del 03.07.2019; Ordinanza Trib. Milano del 19.10.2020) ha riconosciuto il diritto per il titolare di un marchio, proprio per tutelare la sua reputazione, di inibire ad Amazon la commercializzazione del proprio prodotto di lusso destinato ad essere distribuito tramite una specifica rete di distribuzione (selettiva).

Nell’ambito della distribuzione selettiva, il produttore può infatti esigere il rispetto di determinati standard qualitativi nelle modalità di vendita e promozione, anche online, del prodotto.

Per esempio, può vietare che il bene di lusso sia pubblicizzato assieme ad altri beni di qualità inferiore o di basso profilo. Oppure può esigere che il sito internet abbia una certa qualità grafica, e commercializzi un numero sufficiente di altri prodotti di pari prestigio.

I marketplace non autorizzati, in quanto parti terze rispetto agli accordi di distribuzione, non sono, ovviamente, tenuti a rispettare queste prescrizioni.

Tuttavia, se adottano modalità di vendita ritenute idonee a svilire l’immagine del prodotto commercializzato o pubblicizzato, compiono un illecito (extracontrattuale) in danno al titolare del marchio. Ed il criterio per valutare l’idoneità (o meno) delle modalità di commercializzazione adottate dagli eCommerce non autorizzati sono proprio le prescrizioni contenute nelle clausole di distribuzione selettiva.

Distribuzione selettiva e marketing del lusso, un binomio anche nell’eCommerce

La distribuzione selettiva risulta uno strumento di marketing fondamentale per il comparto luxury, soprattutto con l’espandersi dell’eCommerce. L’organizzazione di un tale sistema permette infatti di tutelare la percezione di qualità e l’allure di prestigio di questi prodotti presso il pubblico.

Anche nell’ambito del lusso le vendite digitali sono in continuo aumento, come dimostrano i dati resi noti da Altagamma Retail Insight 2021, conferenza annuale che fotografa le evoluzioni del retail del lusso. Tra i grandi trend in consolidamento, in particolare, uno studio della Fondazione Altagamma segnala il gaming e live streaming, come i nuovissimi strumenti digitali di ingaggio del consumatore.

Per un’impresa del settore è fondamentale dunque dotarsi di una sistema di distribuzione che permetta di commercializzare e pubblicizzare i propri prodotti secondo determinate modalità. Solo così è possibile influenzare i consumatori e garantirgli quella customer experience che cercano con l’acquisto di un prodotto di lusso.