I fondi comuni di investimento che cadono in successione ereditaria non sono soggetti alla presunzione prevista per il denaro, i gioielli e la mobilia dal Testo Unico sull’imposta sulle successioni e donazioni, non rientrando nella categoria “denaro”. Pertanto devono essere inseriti nella base imponibile per il loro controvalore, calcolato ai sensi del medesimo Testo Unico (art. 16 D.lgs. n. 346 del 08/09/1990).
E’ comune che nell’asse ereditario siano compresi denaro, gioielli e mobili, ed è facile che detti beni sfuggano alla tassazione perché non inseriti dall’erede nella dichiarazione di successione. Ecco perché il legislatore, nella preoccupazione di non creare zone franche alla tassazione, adotta una presunzione sulla loro esistenza, ritenendoli sempre compresi nell’asse ereditario. Presume anche il loro valore, considerandolo il 10% di quello globale netto imponibile dell’asse ereditario (art. 9, comma 2, del D.Lgs. n. 346/1990).
In sostanza, la base imponibile per il calcolo dell’imposta di successione sarà data dal valore dei beni dichiarati, aumentato del 10% in forza di questa presunzione.
Cos’è la presunzione di occultamento?
La presunzione di Legge è comunemente chiamata “di occultamento”, perché denota una certa sfiducia del fisco nei confronti del dichiarante, presumendone l’intento elusivo. La presunzione, infatti, opera sia nel caso in cui l’erede non dichiari l’esistenza di alcun bene rientrante nelle dette categorie, sia nel caso in cui ne dichiari l’esistenza ma per un importo inferiore al 10% della massa ereditaria. Chiaramente, la norma tiene conto del fatto che denaro, gioielli e mobili siano facilmente occultabili e, quindi, sia facile eludere l’applicazione dell’imposta di successione rispetto ad essi.
Non opera, invece, nel caso in cui l’erede abbia accettato con beneficio d’inventario e abbia provveduto a redigerlo. In questo caso, il valore dei mobili, gioielli e denaro corrisponderà a quello indicato nell’inventario, e sarà tassato per quel valore.
Cosa si intende per “denaro”?
Sicuramente la categoria “denaro” è molto generica, tanto che ci si è chiesti se vi rientri solo il denaro in sé e per sé, cioè il contante, oppure anche altre forme ad esso assimilabili, come i depositi bancari, o la moneta elettronica e le criptovalute.
Quanto ai conti bancari, si ritiene che non rientrino nella categoria. Infatti, il denaro affidato all’istituto bancario forma oggetto di un contratto con quest’ultimo e rispetto al deposito in conto il cliente della banca ha un diritto di credito, ma non la proprietà del denaro. Solo in quest’ultimo caso, dunque, il denaro sarà davvero “denaro”.
Analogo ragionamento può essere svolto nei confronti della moneta elettronica e delle criptovalute, nei confronti delle quali il titolare è non tanto un proprietario quanto un creditore.
I fondi comuni di investimento non sono “denaro”
Per quanto riguarda i fondi comuni di investimento, si tratta di strumenti che riuniscono le somme di più risparmiatori affinché siano investite, come un unico patrimonio, in attività finanziarie (azioni, obbligazioni, titoli di stato, ecc.) o, per alcuni di essi, in immobili. Sono suddivisi in tante parti unitarie, dette quote, che vengono sottoscritte dai risparmiatori e garantiscono uguali diritti. Possono dunque essere considerati “denaro”?
La risposta è rilevante sotto un duplice profilo. Se i fondi di investimento non rientrano nella presunzione di Legge, gli stessi, insieme agli altri beni caduti in successione, concorrono a formare la base su cui calcolare il 10% (aggiuntivo) derivante dalla presunzione stessa. In caso contrario, il loro valore dev’essere scorporato dalla base e trattato come “denaro, gioielli e mobili”. Ciò significa che, se il fondo viene inserito nella dichiarazione di successione per un valore inferiore al 10% rispetto all’intero asse ereditario, il suo valore va innalzato sino a detta soglia.
Come intuibile, le quote di fondi comuni di investimento non possono essere equiparate al denaro, dato che esso (così come i gioielli e i mobili) è stato specificamente scelto dal legislatore fiscale proprio per la propria facilità di occultamento. Le quote detenute in fondi comuni d’investimento, invece, sono strumenti facilmente tracciabili, come le azioni o le obbligazioni, perché parte di un conto titoli o di un portafoglio affidato in gestione a una banca o ad una società di gestione del risparmio.
I fondi comuni di investimento devono essere inseriti nella dichiarazione di successione
Non essendo equiparabili al denaro, il valore delle quote in fondi comuni di investimento dovrà essere sommato al valore degli altri cespiti dell’eredità e, sul valore così ottenuto, sarà calcolato un ulteriore 10%. Sul risultato sarà poi applicata l’imposta di successione.
Attenzione, dunque: i fondi comuni di investimento devono essere inseriti nella dichiarazione di successione e la loro omissione, non applicandosi la presunzione di Legge, comporta la necessità di effettuare una dichiarazione integrativa e l’applicazione di sanzioni ed interessi in proporzione al ritardo.