È trascorso un mese dall’entrata del provvedimento che ha imposto al datore di lavoro di effettuare i controlli sui green pass dei dipendenti per accedere ai luoghi di lavoro. È dunque il momento per fare il punto sullo stato dell’arte. Che controlli può fare il datore di lavoro? Può chiedere il green pass in anticipo? Conservarne una copia? Delegare qualcun altro a effettuare i controlli? Deve tenere un registro? Chi verifica i lavoratori in somministrazione? Sul punto è intervenuto il Governo con diverse circolari e delle FAQ.

 

infografica sugli errori da evitare nel controllo del green pass da parte del datore di lavoro

 

Chi controlla il green pass dei dipendenti?

Le verifiche possono essere svolte direttamente dal datore di lavoro o da un suo delegato. Il datore lo autorizza con un atto formale, che identifichi l’incaricato. Al delegato devono essere fornite, anche con atto separato, istruzioni per i controlli del green pass dei dipendenti (ad es. su modalità, strumenti, limitazione dei dati, etc.). Sotto il profilo della data protection, va aggiornato il modello privacy (informative, registro trattamenti, della documentazione rilevante).

La legge 165/2021 del 20/11/2021 ha introdotto una novità, ammettendo che i lavoratori, su base volontaria, possano consegnare la certificazione verde al proprio datore di lavoro, evitando così i controlli al momento dell’ingresso in azienda, per la durata della validità del green pass stesso. Non è consentito il contrario, cioè che il datore chieda al lavoratore la consegna “permanente” del green pass.

Sebbene la legge punti alla semplificazione, c’è il rischio – già segnalato dal Garante Privacy – di vanificare lo scopo di salvaguardia della salute pubblica: infatti il green pass dovrebbe essere efficace a fini preventivi se viene controllato periodicamente per accertarne la validità in quel momento.

Qual è il momento rilevante del controllo?

La normativa (D.L. 127/2021) prevede che si effettui il controllo preferibilmente al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro: pertanto, per quanto possibile, il datore concentra le verifiche quando i lavoratori entrano nei locali aziendali. Ove ciò non è agevolmente praticabile, i controlli possono essere eseguiti anche in un momento successivo.

Molti lavoratori, come si sa, ricorrono ai tamponi per conseguire il green pass. Il test antigenico rapido ha una validità di 48 ore, quello molecolare di 72 ore (cfr. DPCM del 12 ottobre 2021).

Cosa succede quindi se la validità del tampone scade durante l’orario di lavoro? Le FAQ diffuse dal Governo precisano che in questo caso il dipendente può terminare la sua prestazione fino all’orario previsto. La legge di modifica ha confermato che, se il green pass scade durante l’orario di lavoro, è possibile completare il turno senza incorrere in sanzioni.

Altra questione riguarda il termine ultimo di validità dell’obbligo del green pass per il lavoro privato. Ad oggi è fissato al 31 dicembre 2021, ma potrebbe essere prorogato.

Quali sono le modalità di verifica?

Il termine per i datori per definire le modalità operative era appunto il 15 ottobre 2021. Ciò non toglie che, proprio alla luce delle prime settimane di esperienza sul campo, esse possano essere soggette a revisione.

I lavoratori devono essere informati delle modalità con cui avviene il controllo ad es. tramite comunicazione personale, in bacheca, ecc. I controlli possono essere effettuati anche a campione: in questo caso è opportuno che, nella procedura di verifica, siano indicati il tipo di campione e le modalità di rilevazione.

Gli strumenti per effettuare i controlli sul green pass dei dipendenti

Le verifiche devono essere fatte tramite l’app “Verifica C19”, liberamente scaricabile anche dal sito del Governo.

I dipendenti possono esibire le certificazioni in versione digitale o cartacea. In quest’ultimo i lavoratori devono esibire il green pass piegato secondo le linee tratteggiate. Diversamente si potrebbero leggere altri dati, non richiesti.

Oltre all’app Verifica C19, le Pubbliche Amministrazioni che vi aderiscono possono interrogare la piattaforma NoiPA. Per le aziende con più di 50 dipendenti è disponibile tramite l’INPS il servizio Greenpass50+, al quale, in fase di accreditamento dell’azienda, andranno forniti anche i codici fiscali dei delegati alla verifica.

Se il lavoratore è sprovvisto di green pass al momento del controllo avrà comunque il diritto a chiedere una seconda verifica quando entra in azienda. Gli unici lavoratori a poter essere controllati sono quelli effettivamente in servizio e non assenti per altre motivazioni (ferie, malattia, permesso, ecc.).

Per tutti è possibile integrare la verifica del QR Code del green pass nel controllo automatizzato degli accessi di rilevazione delle presenze (tornelli, totem, ecc.). Il Ministero della Salute ha rilasciato tramite GitHub un SDK (Software Development Kit) open source che offre le stesse funzionalità della app Verifica C19 in maniera automatizzata. In questo caso è assolutamente prioritario che non vengano conservati dati relativi al green pass, per non incorrere in violazioni delle disposizioni privacy che potrebbero esporre l’azienda a sanzioni.

Il Garante ha infatti chiarito che possono  essere raccolti solo i dati strettamente necessari all’adozione dei provvedimenti derivanti dal mancato possesso della certificazione. Lo stesso DPCM 17 giugno 2021 vieta di conservare i QR code dei green pass. È vietato anche estrarre, consultare, registrare o comunque trattare per altre finalità le informazioni fornite per i controlli.

Le necessità di pianificazione aziendale

Al momento dell’entrata in vigore dell’obbligo di verifica del green pass si è palesata la difficoltà della grande maggioranza dei datori di lavoro nel pianificare turni, servizi alla clientela, disponibilità continuativa di certi servizi ecc.

Così il decreto legge 139/2021 ha precisato che, in presenza di specifiche esigenze organizzative in relazione alla programmazione del lavoro, i dipendenti sarebbero stato chiamati a informare in anticipo il datore sul possesso o meno della certificazione verde, con un preavviso necessario a consentire la pianificazione aziendale.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di denunciare l’eventuale violazione del lavoratore?

Non vi sono obblighi di denuncia al Prefetto o altra Autorità da parte del datore di lavoro privato. Infatti, gli organi accertatori sono le forze di polizia, la polizia municipale, le forze armate, gli ispettori delle Aziende sanitarie e dell’Ispettorato del lavoro.

Altro tema è quello delle sanzioni disciplinari che, secondo il Contratto Collettivo di riferimento, potrebbero applicarsi al lavoratore qualora, elusi i controlli, o nel caso di controlli a campione, entrasse in azienda senza green pass valido.

Casi particolari: i controlli del green pass per lavoratori somministrati, collaboratori, stagisti, volontari

Il datore di lavoro deve effettuare i controlli sul possesso del green pass non solo sui dipendenti, ma anche su tutti coloro che prestano la propria attività, anche gratuitamente, all’interno dell’organizzazione aziendale (si pensi ad es. anche ad associazioni che abbiano sia dipendenti che volontari).

Non sono esentati nemmeno collaboratori esterni, appaltatori, fornitori, professionisti che svolgano la propria opera nei locali aziendali o professionali. Lo stesso dicasi per coloro che sono in fase di formazione, quali stagisti, tirocinanti, praticanti, apprendisti, ecc.

Le verifiche sui lavoratori in somministrazione devono essere effettuate dall’utilizzatore (cioè l’azienda presso cui effettivamente lavorano). L’agenzia di somministrazione, cioè quella che assume i lavoratori, li deve informare sulle prescrizioni in tema di green pass.

L’esenzione dall’obbligo

Sono ancora in attesa di definizioni normative coloro che, per motivi strettamente medici, sono esentati dall’obbligo del possesso del green pass, perché ad es. potrebbero presentare delle controindicazioni mediche alla vaccinazione. In attesa delle specifiche da parte del legislatore, tali persone non sono soggette al controllo, come chiarito dalle FAQ del Governo: tali soggetti esibiscono un modulo cartaceo, emesso dal medico competente, in cui si fa menzione dell’esenzione, senza che ne vengano specificate le ragioni cliniche.

Sul punto l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ha raccomandato che, anche in questa fase transitoria, secondo il principio di minimizzazione, “la certificazione cartacea non deve comportare la rilevazione di dati eccedenti le finalità perseguite e, in particolare, di dati inerenti la condizione sanitaria dell’interessato, suscettibili – se indebitamente divulgati – di esporlo a discriminazioni tanto più inaccettabili in quanto relative a una situazione di vulnerabilità”, specie nel contesto lavorativo.

 

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