Di fronte ad una recensione negativa sui social, spesso il primo istinto del titolare di un’attività è quello di chiedersi se possa farla cancellare o chiedere un risarcimento all’autore. Un feedback negativo può rappresentare un problema importante per la reputazione e creare un danno economico per il destinatario.  Specialmente quando il titolare dell’attività criticata è fermamente convinto che tale commento non sia veritiero o non rispecchi fedelmente il suo operato.

La domanda che sorge spontanea è, dunque, quali sono gli strumenti per difendere la reputazione online del proprio business e quando una recensione negativa posa considerarsi un atto giuridicamente illecito che obbliga il suo autore al risarcimento del danno causato.

Per chiarire questo aspetto, è necessario in primo luogo aver presente la distinzione tra “critica” e “cronaca”. La critica consiste nella manifestazione di un’opinione, di un giudizio personale. La cronaca, invece, è esposizione dei fatti ed il suo scopo è informare il lettore di determinati accadimenti.

Diversamente dalla cronaca, che si qualifica come resoconto scrupoloso e obiettivo di fatti e accadimenti da parte del giornalista, la critica consiste in un convincimento personale e non è soggetta rigorosamente al criterio della verità. Tuttavia, per quanto si tratti di un parere soggettivo, anche la critica, per essere espressa in modo legittimo, deve rispettare alcuni limiti e requisiti. Il rischio, in caso contrario, è quello di incorrere nella diffamazione, cioè in un reato perseguito penalmente.

Quando una recensione negativa è espressa in modo lecito?

Si è detto che ciascuno di noi ha il diritto di esprimere un parere nei confronti di una determinata attività, e quindi la facoltà di esprimere una recensione, anche negativa. Perché tale critica o recensione negativa sia espressa in modo legittimo, è necessario tuttavia rispettare i tre criteri fondamentali che si indicano di seguito.

Verità del fatto narrato

I fatti esposti da colui che esprime una critica devono essere veri o, quantomeno, l’accusatore deve essere fermamente e incolpevolmente convinto della loro veridicità (ad es. considerando il caso di un giudizio negativo nei confronti di un professionista, come un avvocato o un commercialista, se esprimo un giudizio negativo sul suo operato, deve essere vero che ho ricevuto una consulenza da tale professionista, e che tale consulenza non mi ha soddisfatto).

Proporzionalità dei toni

Deve essere rispettato il “principio della continenza”: i toni utilizzati dal soggetto che manifesta la critica, per quanto aspri, devono essere funzionali e pertinenti al tema in discussione, senza dimostrarsi gravemente infamanti e gratuiti. E’ insomma necessario rispettare un certo decoro nell’esprimere l’opinione negativa.

Esistenza di un interesse pubblico

Deve esserci un pubblico interesse alla divulgazione del pensiero critico. L’opinione espressa non deve interessare la generalità dei cittadini, ma quantomeno la categoria di soggetti cui è indirizzata la comunicazione. Questo ad es. perché altre persone della zona potrebbero rivolgersi al medesimo professionista, ed è quindi opportuno siano informati della mia esperienza negativa, per quanto personale.

La recensione negativa è un “rischio del mestiere”

Una critica/recensione negativa rispondente a questi tre principi ed esercitata legittimamente può rivelarsi estremamente difficile da rimuovere dal web. Questo è il “pericolo” cui un professionista o un esercente va incontro nel momento in cui inserisce il proprio profilo o la propria attività in una piattaforma internet.

Le principali piattaforme sono rappresentate da Google My Business, o dai siti di recensione di ristoranti, strutture alberghiere e pacchetti turistici quali Booking o TripAdvisor. In queste piattaforme è molto difficile, e a volte impossibile, ottenere la rimozione di critiche o recensioni negative, se sono state legittimamente espresse dai clienti.

I casi in cui la recensione negativa può comportare un risarcimento del danno

Una critica legittimamente espressa è giustamente tutelata dal nostro ordinamento come parte fondamentale della libertà di pensiero e parola. Tuttavia, anche la libertà di esprimere una critica deve rispettare alcuni canoni e limiti, in particolare il rispetto dell’onore e della reputazione dell’altrui.

Diversamente, il rischio è quello di incorrere nel reato di diffamazione, cioè nella lesione della reputazione e dell’onore di ciascuna persona, tutelato dall’art. 2 della Costituzione.

Nel caso in cui una critica risulti eccessivamente offensiva, scurrile e non rispetti i canoni di continenza, veridicità e pubblico interesse, si può quindi configurare il reato di diffamazione. In questo caso, dal reato deriva anche l’obbligo di risarcire il danno provocato.

La diffamazione, che è appunto la fattispecie giuridica che tutela l’onore e la reputazione di un soggetto, è considerata “aggravata” quando realizzata a mezzo stampa. La stampa comporta infatti la trasmissione dell’informazione a un numero elevato di persone.

Si considera aggravata, ad esempio, la critica espressa tramite i social network, in quanto queste piattaforme web sono in grado di raggiungere un numero indeterminato di persone attraverso la pubblicazione e la condivisone delle notizie. Alla diffamazione a mezzo social network abbiamo dedicato un apposito articolo.

Critica o diffamazione: chi decide?

Va evidenziato che è il giudice a decidere se una determinata affermazione sia una critica legittimamente espressa o una frase diffamatoria.

In particolare, il Tribunale valuterà caso per caso a seconda delle circostanze concrete, prendendo in considerazione le espressioni usate, il contenuto e la ricostruzione dei fatti.

Nello specifico, il giudice verificherà se la recensione negativa espressa possa essere, in qualche modo, giustificabile e pertinente; oppure se si tratti di un caso di invettiva volta ad aggredire personalmente il destinatario del giudizio con espressioni inutilmente umilianti e infamanti.

Il risarcimento del danno da diffamazione

La diffamazione consiste in un reato perseguibile in sede penale, mediante presentazione di querela da parte dell’interessato entro tre mesi dal verificarsi della condotta offensiva.

In sede penale è per esempio possibile chiedere il sequestro della pagina web o del sito che ospiti il contenuto diffamatorio. Ciò avviene avviene oscurando la pagina web o il sito internet incriminati. Questa misura è disposta dal giudice se ritiene che vi sia il pericolo che le conseguente negative del reato si protraggano nel tempo. Recentemente, il sequestro è stato esteso anche alla trasmissione televisiva che contenga informazioni ritenute diffamanti, come nel noto caso del Prof. Burioni contro la trasmissione televisiva Le Iene (questo il link alla sentenza).

Il reato di diffamazione comporta la possibilità per la vittima di ottenere anche il risarcimento del danno. Se ha proposto querela, può chiedere il risarcimento nel corso del procedimento penale, costituendosi come parte civile. Altrimenti, può presentare una citazione davanti al giudice civile.

È inoltre possibile agire davanti al giudice civile per ottenere un provvedimento urgente di  rimozione o deindicizzazione dei contenuti lesivi. Ciò a condizione che la permanenza sul web di tali informazioni provochi danni gravi e irreparabili alla propria reputazione. Come si può dedurre, solo se si è in presenza di diffamazione, e quindi di frasi di una tale gravità da ledere l’onore e la reputazione del soggetto offeso, sarà possibile invocare il risarcimento del danno per la recensione negativa.

Tale risarcimento, invece, non spetta in caso di una recensione negativa che però sia qualificabile come una legittima critica, espressa senza l’utilizzo di frasi dai toni eccessivi.

Il danno subito dalla diffamazione deve essere provato da colui che chiede il risarcimento, dimostrando quali sono state le conseguenze negative determinate dalla recensione diffamante.

Opinione o diffamazione? Alcune sentenze recenti

Come anticipato, il giudizio di legittimità di una recensione/critica è affidato al giudice. Ecco quindi una panoramica delle decisioni più significative dei Tribunali su questo tema.

I giudici hanno giudicato legittimo mantenere una recensione negativa su Google Business. La pubblicazione di una recensione su una piattaforma on-line, infatti, altro non è che una manifestazione della libertà di pensiero che, per sua stessa natura, contempla anche l’espressione di opinioni negative verso persone o imprese. Il limite da rispettare consiste nell’evitare l’invettiva gratuita, la consapevole rappresentazione di circostanze falsate, l’uso di toni o termini apertamente e inutilmente lesivi della dignità altrui  (Tribunale di Roma, ordinanza 21.09.2020).

Nello stesso senso, non è stata considerata diffamazione la frase “c’è sempre una fregatura espressa nei confronti di una professionista, in quanto ritenuta una critica non ingiustificatamente abbondante rispetto al concetto da esprimere, né particolarmente scurrile o spregiativa (Tribunale di Siena, sentenza 10.03.2020).

Perché si configuri diffamazione non è necessario che sia stato scritto il nome e cognome della persona offesa. Il reato sussiste, infatti, anche se non vi è indicazione nominativa del soggetto la cui reputazione è lesa, ma lo stesso sia ugualmente individuabile anche solo da un numero limitato di persone, o qualora l’espressione lesiva dell’altrui reputazione sia riferibile a persone individuabili e individuate per la loro attività (Cassazione Penale, sentenza 30.04.2019 n. 17944).

Qualche suggerimento finale

In questo momento storico, caratterizzato dalla facilità di esprimere il proprio pensiero, anche tramite i social networks, va evidentemente considerato che i confini tra il legittimo diritto di critica e la configurazione del reato di diffamazione non sono poi così lontani e chiaramente delineati.

Sarà pertanto necessario prestare attenzione ogni qualvolta si ritiene di esprimere un giudizio o un’opinione visibile ad un numero considerevole di persone.

Ciascuna parola utilizzata, infatti, ha un proprio peso e un proprio significato. Occorre trovare il giusto equilibrio tra il diritto di esprimere il proprio pensiero e il dovere di rispettare la dignità del destinatario delle proprie critiche.