Il leone da tastiera è una specie sviluppatasi con l’avvento dei social network che si caratterizza per l’incontenibile istinto di rivolgere minacce, insulti e offese agli altri utenti del web. Nel suo habitat naturale, nascosto dietro allo schermo di un computer o di uno smartphone, si sente legittimato a dire ciò che gli passa per la testa, inconsapevole che i suoi comportamenti possono integrare dei reati.

Ecco i principali rischi che corre il leone da tastiera.

Il fenomeno psicologico (ma non giuridico) della deresponsabilizzazione sui social network

I social network evocano socializzazione, condivisione, scambio di informazioni e di pensieri (e talvolta anche tradimenti e relazioni adulterine). Occorre però considerare l’altra faccia della medaglia: gli odiatori seriali del web, nascosti dietro allo schermo di un pc o di uno smartphone si sentono meno responsabili di quello che dicono e i social diventano l’ambiente ideale dove riversare rabbia e frustrazioni. Si assiste nei social network ad una sorta di spersonalizzazione, tant’è che spesso i leoni da tastiera nella vita reale si presentano come soggetti apparentemente innocui.

Attori, politici, influencer sono i bersagli preferiti dagli haters, ma tutti possono finire nel loro mirino. L’hater cerca un capro espiatorio e lo trova nel potente, nella bella, nel famoso, o quantomeno in colui o colei che ritiene più potente, più bello, più tutto di lui. Certo il fenomeno è complesso e variegato e non può essere ridotto ad un’analisi semplicistica.

Nessun comportamento aggressivo o addirittura minatorio può essere giustificato. Le offese sono virtuali, ma la sensazione di fragilità e paura che provocano è concreta, forte, lacerante.

Quando è integrato il reato di minaccia

Intimidazioni e minacce espresse tramite social network possono integrare il reato di cui all’art. 612 c.p. quando sono in grado di intimorire e turbare il destinatario. La gravità della minaccia va accertata avendo riguardo al tenore delle espressioni utilizzate e al contesto nel quale si collocano.

Se i commenti si inscrivono, per esempio, in un contesto di vivace dibattito politico e non sono tali da incutere un reale timore nel soggetto a cui sono rivolte, non è configurabile alcun reato.

Il codice penale sanziona la condotta minatoria con la multa fino a 1032 Euro.

Perdita del senso di sicurezza e alterazione delle abitudini di vita: quando le minacce diventano cyberstalking

Quando le minacce e le molestie via social sono reiterate, può configurarsi il reato di cyberstalking.

Si tratta di un fenomeno in costante aumento, di cui sono spesso vittime donne, in via diretta o tramite le pagine social di familiari e amici.

L’assedio psicologico che molte donne subiscono online è un fenomeno grave che colpisce nel profondo l’equilibrio e la serenità della vittima, incapace di condurre una vita normale. “To stalk” in inglese significa inseguire, appostarsi, e descrive la sistematica reiterazione di minacce o molestie in grado di cagionare un perdurante stato di ansia e paura per sé e per i propri familiari. Tanto che la vittima è indotta ad alterare le proprie abitudini di vita.

L’art. 612 bis c.p. incrimina tali condotte e, anzi, prevede l’applicazione di un’aggravante quando gli atti persecutori sono commessi mediante strumenti informatici. La condotta perpetrata via social è, dunque, considerata più deprecabile rispetto alle condotte persecutorie che si verificano nel mondo reale.

La pena prevista per il reato di stalking – reclusione da un anno a sei anni e sei mesi – è aumentata quando a commetterla sia il cyberstalker.

Il pregio dei social network, ossia l’interattività, diventa il più grande pericolo: il senso di perdita della libertà e della sicurezza.

La libertà di espressione conosce dei limiti: insulti via social e diffamazione aggravata

A questo punto è chiaro che i social network non sono una zona franca dove ci si può esprimere a proprio piacimento.

Il diritto di espressione è un diritto fondamentale della persona riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione. Tuttavia, come ogni diritto, presenta dei limiti. Fra tali limiti si colloca la reputazione della persona, diritto altrettanto inviolabile protetto in sede penale tramite il reato di diffamazione.

Il leone da tastiera, per l’uso di parole offensive sui social network, può incorrere nella pena della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 Euro. Se l’insulto è veicolato tramite social, infatti, l’art. 595 comma 3 c.p. prevede un aggravamento della pena. Ciò si giustifica per la maggiore diffusività degli insulti postati sui social network, astrattamente accessibili a una moltitudine indeterminata di soggetti.

Nelle piattaforme social, l’ambiente più frequentato al mondo, valgono le stesse regole della vita reale, non ultime il buon senso e la moderazione, quell’ “aurea mediocritas” di cui parlava Orazio. Almeno nell’uso delle parole, che possono essere utilizzate fino a spingersi alla critica, anche aspra, ma non possono mai trasmodare nell’abuso.

La responsabilità dell’amministratore di un gruppo social per gli insulti postati da un utente

Attenzione: nemmeno l’amministratore di un gruppo social va sempre esente da responsabilità per gli insulti postati da uno degli utenti.

Certo l’amministratore di un gruppo non è in grado di operare un controllo preventivo su tutti i contenuti che gli utenti immettono in Rete. Pertanto potrà rispondere delle espressioni offensive pubblicate dagli utenti quando, presa cognizione della lesività di tali contenuti, li mantenga consapevolmente.

L’intempestiva attivazione dell’amministratore equivale alla consapevole condivisione del contenuto diffamatorio e, anzi, ad ulteriore divulgazione delle stesse espressioni.

Quando minacce e insulti sui social network integrano cyberbullismo

Minacce e insulti via social sono soltanto alcune delle condotte espressive del tristemente noto fenomeno del cyberbullismo in danno di minori. Il cyberbullismo in nulla si differenzia dagli atti prevaricatori finalizzati all’isolamento e alla messa in ridicolo delle giovani vittime che i bulli commettono nella vita reale.

Soprattutto per gli adolescenti è difficile separare vita reale e vita on line, e questa assenza di confini ha coinvolto anche il comportamento dei bulli. Anzi, la rapidissima e duratura amplificazione degli insulti perpetrati via social è in grado di produrre effetti ancora più devastanti sulla psiche dei ragazzi.

E il fenomeno è aumentato con il lockdown: i ragazzi sono spesso connessi, pertanto c’è un’esposizione maggiore agli attacchi di noia e fragilità dei cyberbulli.

I dati del cyberbullismo

Un rapporto dell’Istat dal titolo “Indagine conoscitiva sulle forme di violenza tra i minori e ai danni di bambini e adolescenti” ha raccolto numeri allarmanti.

Più del 50% degli intervistati tra gli 11 e i 17 anni riferiva di essere rimasto vittima, nei 12 mesi precedenti all’intervista, di un qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento. Ebbene il cyberbullismo ha colpito il 22, 2 % di tutte le vittime di bullismo. Nel 5,9% dei casi si è trattato di azioni ripetute (più volte al mese).

Le ragazze risultano più esposte ai rischi della rete e dei nuovi strumenti di comunicazione, infatti tra le  11-17enni si registra una quota più elevata di vittime: il 7,1% delle ragazze che si collegano ad Internet o dispongono di un telefono cellulare sono state oggetto di vessazioni continue tramite Internet o telefono cellulare, contro il 4,6% dei ragazzi.

La pressante esigenza di arginare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni ha condotto all’adozione di una legge (l. 29 marzo 2017,n. 71) che prevede specifiche azioni a carattere preventivo e assicura l’attuazione di adeguati interventi nell’ambito delle istituzioni scolastiche.

Come difendersi dai leoni da tastiera

Come ci si può difendere dagli attacchi degli haters? Basterebbe un po’ di educazione nell’uso dei mezzi informatici. Ma nella realtà (anche virtuale) non funziona così.

D’altronde gli haters sono spesso vittime di se stesse, delle proprie fragilità e della mancanza di empatia. Per proteggersi può essere utile non rispondere alle provocazioni e ignorare gli insulti. Ma può non essere sufficiente quando i commenti sgradevoli infestano la nostra bacheca. Allora è opportuno bloccare il contatto e fare pulizia. Anche segnalare l’odiatore seriale alla piattaforma è una buona soluzione: consente di proteggere se stessi e gli altri utenti.

A confermare il rilievo del problema è la Polizia Postale che, per tutelare gli utenti dai rischi del web, ha messo a disposizione le “regole d’oro anti-cyberstalking”, utili per prevenire gli atti persecutori on line.

Nei casi più gravi è opportuno sporgere denuncia dopo aver raccolto le prove delle minacce o degli insulti, anche individuando i nominativi di eventuali testimoni. Senza dimenticare di fare attenzione al nostro stesso comportamento. Tutti siamo potenziali vittime, ma anche leoni da tastiera.