I social network rappresentano strumenti estremamente utili sia sotto l’aspetto comunicativo e relazionale che professionale. Tuttavia, se utilizzati per scopi illeciti, come il furto del profilo di una persona, possono causare seri problemi alla vittima, che avrà diritto, oltre che alla rimozione di contenuti lesivi per la sua reputazione, anche al risarcimento dei danni subiti.

Quando parliamo di furto del profilo social dobbiamo intendere un vero e proprio furto d’identità, che consiste nel fingersi un’altra persona, utilizzando la sua fotografia o altri dati personali visibili nel suo profilo reale o in internet, allo scopo di nuocere a questo soggetto in diversi modi, violando così il suo “diritto all’identità digitale.

Il furto del profilo social al giorno d’oggi non rappresenta un problema di poco conto. I social rappresentano un’occasione per espandere il proprio business e creare contatti lavorativi, e costituiscono ormai un servizio essenziale per molte professioni. Non si tratta di un pericolo che riguarda solo VIP e personaggi pubblici. Anche i comuni utenti del web, specialmente coloro che lo utilizzano per lavoro, devono tutelarsi adeguatamente contro questa minaccia.

Quasi tutti i social network prevedono delle procedure contro i furti di identità. Se questi rimedi non bastano, anche la legge prevede dei meccanismi per tutelare gli utenti dal furto del profilo social e, in alcuni casi, per ottenere il risarcimento del danno subito.

Le violazioni dell’identità digitale

Una prima forma di illecito ha come scopo quello di diffamare una persona: in tal caso l’identità della vittima viene rubata e viene creato un profilo in cui l’autore posta fotografie o false informazioni (solitamente negative) sulla persona, con l’obiettivo di far emergere i post o i commenti negativi tra i risultati dei motori di ricerca in relazione al nome della vittima, che saranno così visibili a molte persone.

Profili falsi vengono creati anche per commettere il reato di estorsione e “restituire” l’identità rubata solo dietro pagamento di una somma di denaro. In questo caso, l’hacker solitamente arriva ad avere il controllo del profilo social e ad operare e pubblicare attraverso lo stesso, causando gravi danni agli utenti che ne sono vittime (spesso imprenditori o persone dello spettacolo che utilizzano i social network per pubblicizzare il proprio lavoro).

In altre occasioni, le foto e i dati personali vengono rubati con lo scopo di creare falsi profili e utilizzarli per commettere altri reati gravi. Ad esempio – e questo è il caso più comune – falsi profili usati da pedofili per adescare minorenni e commettere reati di pedopornografia. Oppure falsi profili creati appositamente per insultare un altro soggetto, “bullizzandolo” (il cosiddetto cyber-bullismo).

Un fenomeno sempre più diffuso

Sono numerosissime le persone, famose e non, vittime di furto del profilo social.

Nel 2017, dopo il terremoto di Ischia, un account che si spacciava per Carlo Conti rassicurava i follower: “C’è stata una lieve scossa. Tutto bene, lì è presente un mio amico, la situazione è tranquilla”. L’affermazione ha causato gravi danni al conduttore, accusato di sottovalutare i danni (invece molto ingenti) provocati dal terremoto.

Allo stesso modo, un imprenditore milanese nel campo della moda è stato “adescato” dopo la pubblicazione di un post con cui promuoveva i propri prodotti. Gli è stato inviato un messaggio che diceva che fosse colpevole di aver violato la normativa sul diritto d’autore. A quel punto è bastato fornire alcuni dati e password al fine di cercare di rimediare al presunto errore per finire nelle mani dell’hacker, in quale ovviamente gli ha poi chiesto del denaro per restituirgli il profilo.

Curiosa è anche la vicenda di un avvocato palermitano che si è addirittura “ritrovato” in un finto profilo social affiliato ai terroristi islamici, solamente cliccando in una pubblicità apparsa su Facebook per ottenere inserzioni pubblicitarie ed effettuando poi l’accesso con le sue password all’app verificata Google coupon.

In tutti questi casi è fondamentale segnalare tempestivamente il furto del profilo direttamente al gestore del social network. Ci si può anche rivolgere alle autorità competenti in materia, rappresentate da Polizia Postale, Garante Privacy e Tribunale.

La segnalazione del furto del profilo al social network

Come si è visto, il furto del profilo sui social purtroppo è molto diffuso a causa della facilità con la quale è possibile reperire foto altrui e aprire un nuovo account con nome e cognome falsi.

L’aspetto positivo, nel contesto appena delineato, è che esistono forme di tutela efficaci. La vittima, all’interno dei social più conosciuti, ha a disposizione la sezione solitamente denominata “abusi” o “supporto legale”. In questa sezione è possibile segnalare il furto del proprio profilo, in proprio oppure con l’aiuto di un legale.

Le procedure da seguire

Ciascun social network mette infatti a disposizione una procedura di segnalazione del furto del profilo:

Infatti, nel momento in cui l’Internet Service Provider (o in questo caso il social network) è messo a conoscenza dell’esistenza di contenuti illeciti, è obbligato a segnalare questi comportamenti contrari alla legge e che danneggiano la privacy e la reputazione di altre persone all’autorità giudiziaria (art. 17, D.Lgs. n. 70/2003).

Il contenuto della segnalazione del furto del profilo

Una volta iniziata la procedura di segnalazione, il social network, prima di prenderà in carico la pratica, chiederà di provare la propria identità.

Va però segnalato che non sempre il social network provvederà alla cancellazione del profilo rubato in modo automatico, in quanto i social consentono la creazione di account satirici oppure di account creati da fan di persone famose (vedi, per esempio, le regole di Twitter sull’impersonificazione a questo link).

Pertanto, non c’è collegamento immediato tra l’utilizzo di foto altrui e la creazione di falsi profili e l’adozione di provvedimenti di rimozione da parte dei social network, che potrebbe “chiamarsene fuori” e invitare l’utente a risolvere il problema contattando direttamente l’autore del profilo falso. Cosa che molto probabilmente si rivelerà infruttuosa nonché controproducente per la vittima del furto del profilo.

Di questa condotta si è lamentato anche il famoso Fabrizio Frizzi, affermando: “È stato superato limite della decenza. Ho fatto regolare denuncia ma non è successo niente”. Il conduttore è stato vittima della creazione di falso profilo che aveva persino postato foto della figlia Stella, tenuta dai genitori sempre lontana dai riflettori.

In tali casi, è quindi fondamentale rivolgersi a degli esperti, che sappiano esporre la problematica al social network in modo puntuale ed efficace. È inoltre opportuno evidenziare le norme di legge che vengono violate e i danni che il furto del profilo sta provocando alla vittima.

Nella maggioranza dei casi, la problematica che viene portata a conoscenza del social network in termini legali ottiene la collaborazione del provider, che provvederà alla rimozione del profilo.

Tuttavia, nei casi più gravi, laddove i danni provocati alla vittima siano molto gravi, sarà opportuno rivolgersi alle autorità giudiziarie. Si può chiedere al Tribunale di condannare il social network a rimuovere con urgenza il profilo falso.

La tutela giudiziaria ed il risarcimento del danno per il furto del profilo

Il furto del profilo sui social o, in senso più lato, l’indebito utilizzo di dati personali o immagini di una persona, sono puniti dal nostro ordinamento sotto tre profili:

  • in sede penale, costituisce il reato di sostituzione di persona (ne abbiamo parlato in dettaglio qui), che può dunque avvenire non solo fisicamente ma anche a mezzo internet, e comportare anche la reclusione fino a un anno;
  • ai sensi della normativa privacy, costituisce un trattamento illecito di dati personali (art. 167 GDPR – ne abbiamo parlato in dettaglio qui);
  • ai sensi della legge sulla protezione del diritto d’autore (L. 633/41) viola il divieto previsto dall’art. 96, che prevede: “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente”.

Va tenuto presente che NON occorre il consenso se:

  • la persona è nota;
  • se è fotografata in virtù di qualche ufficio pubblico che ricopre;
  • per ragioni di giustizia o di polizia, oppure per scopi scientifici, didattici, culturali. Oppure, perché la riproduzione è legata a fatti, avvenimenti, cerimonie di pubblico interesse o che comunque si sono svolte in pubblico (art. 97).

Come provare il furto del profilo ed il danno per cui si chiede il risarcimento

In questi casi la vittima, oltre che richiedere la cancellazione del falso profilo al social network (con le modalità illustrate nel precedente paragrafo), può sporgere denuncia presso la Polizia Postale o i Carabinieri per il reato di sostituzione di persona (reato che comprende anche il “furto d’identità”, per cui non esiste una previsione di legge specifica) e trattamento illecito di dati personali, allegando le prove che dimostrino che il profilo è stato creato da terzi.

Tali prove possono essere costituite da semplici screenshot o, più approfonditamente, dai dati digitali raccolti da esperti di digital forensic (disciplina investigativa digitale), tra cui ad esempio l’indirizzo IP dell’autore dell’illecito.

Parallelamente, colui che ha subito il furto del profilo ha diritto ad ottenere anche il risarcimento del danno dal responsabile della condotta illecita, qualora tale furto abbia creato un danno, che può essere relazionale o lavorativo, o abbia leso la sua reputazione (per un approfondimento in tema di diffamazione e risarcimento danni, leggi questo nostro articolo sul danno da recensione negativa).

La vittima può, in alternativa, costituirsi parte civile nel processo penale per sostituzione di persona e chiedere in tale sede il risarcimento del danno. In alternativa, può intraprendere una causa civile autonoma di risarcimento.

La liquidazione del danno è determinata dal giudice sulla base  del danno in concreto patito dalla vittima, e da questa dimostrato. I parametri di riferimento più rilevanti consistono nella diffusione dello scritto, nella rilevanza dell’offesa e nella posizione sociale della vittima (vedi per esempio la sentenza della Cassazione n. 4005/2020).