L’Unione Europea è da tempo molto attiva in tema ecodesign e tra le più recenti misure spicca il salto in avanti del diritto alla riparazione per alcuni tipi di elettrodomestici. Le nuove norme vanno a braccetto con quelle sull’etichettatura energetica ed entrambe si inseriscono nel più ampio percorso di creazione e promozione dell’economia circolare. Aumentano inoltre sicurezza ed affidabilità nell’acquisto di prodotti elettronici, combattendo un’aperta battaglia contro la fastidiosa obsolescenza programmata.

Tali novità sono contenute nel Regolamento (UE) 341/2021 del 23/02/2021, entrato in vigore il 01/03/2021.

Diritto alla riparazione, di cosa stiamo parlando

Il “diritto alla riparazione” è in realtà una perifrasi e non un vero e proprio diritto. Comprende infatti una vasta normativa che si articola in diversi ambiti. Per capire dove si inserisce il nuovo Regolamento bisogna infatti fare un passo indietro al principio di progettazione ecocompatibile. Settore nel quale l’Unione Europea da molti anni impegna la propria azione, sia a tutela dell’ambiente che, di riflesso, dei consumatori. E lo fa principalmente dettando le specifiche tecniche che i prodotti “che consumano energia” devono rispettare per poter essere immessi nel mercato europeo.

In questo senso sono fondamentali la Direttiva 2009/125/CE del Parlamento Europeo ed i regolamenti “gemelli” del 01/10/2019 (2019/2019 e 2019/2024), che dettano tutta una serie di parametri per la progettazione ecocompatibile dei seguenti prodotti:

  1. server e prodotti di archiviazione dati;
  2. motori elettrici e variatori di velocità;
  3. apparecchi di refrigerazione;
  4. sorgenti luminose e unità di alimentazione separate;
  5. display elettronici;
  6. lavastoviglie, lavatrici e lavasciuga biancheria per uso domestico.

È principalmente su questi Regolamenti e sulle Direttive sui RAEE (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) che è intervenuto il recente Reg. (UE) 341/2021, introducendo delle novità per quanto riguarda i pezzi di ricambio di alcuni di questi elettrodomestici.

Diritto alla riparazione degli elettrodomestici: cosa c’è di nuovo

Le norme appena entrate in vigore hanno principalmente l’intento di allungare la vita dei prodotti ai quali si applicano. L’obiettivo è quello di superare la situazione che ben conosciamo, quella che ci porta a liberarci di uno strumento elettronico perché “costa meno ricomprarlo che ripararlo”. Il legislatore europeo vuole invertire proprio questa tendenza, costruendo un mercato nel quale riparare convenga davvero.

Il Regolamento persegue questo obiettivo, in sintesi, attraverso le seguenti misure:

  1. i pezzi di ricambio devono essere resi disponibili per almeno 7 anni dopo che il prodotto è uscito dal mercato;
  2. la consegna dei pezzi di ricambio deve essere garantita nel termine di 15 giorni dalla richiesta;
  3. i pezzi di ricambio devono poter essere installati sull’apparecchio attraverso strumenti comunemente disponibili.
  4. le tecniche di giunzione, di fissaggio o di sigillazione del prodotto non devono impedire di rimuovere, tramite attrezzi di uso comune, i componenti.

Vi sono poi previsioni più specifiche per l’accesso a pezzi particolarmente delicati al fine di smaltirli separatamente:

  1. devono essere messe a disposizione su un sito Internet ad accesso libero le informazioni sullo smantellamento per accedere a determinati componenti, considerati particolarmente pericolosi come rifiuti RAEE (ad esempio pile, cartucce di toner, tubi catodici, lampade a scarica);
  2. le informazioni sullo smantellamento devono indicare la sequenza delle diverse fasi, gli attrezzi o le tecnologie necessari ad accedere ai componenti desiderati;
  3. le informazioni sullo smantellamento devono rimanere a disposizione per almeno 15 anni dopo l’immissione sul mercato dell’ultima unità del modello.

Il termine di disponibilità dei pezzi di ricambio e di messa a disposizione delle informazioni (numeri 1 e 7) inizia a decorrere dall’immissione sul mercato dell’ultima unità del modello.

Si capisce allora perché parliamo di un “diritto” alla riparazione degli elettrodomestici garantito in via indiretta attraverso la disponibilità dei pezzi e la facilità della loro sostituzione.

Soggetti coinvolti

Per comprendere ancor meglio il campo di azione della nuova normativa è bene sapere quali sono i soggetti ai quali è rivolta.

Per quanto riguarda l’obbligo di mettere a disposizione i pezzi di ricambio e fornire le informazioni, i soggetti obbligati sono: i fabbricanti; gli importatori; i mandatari.

A chi questi soggetti devono mettere a disposizione i pezzi di ricambio? Non all’utente finale, ma ai “riparatori professionisti”. Come specificato nell’ultimo paragrafo, questo aspetto ha sollevato delle perplessità.

Diritto alla riparazione e garanzie per il consumatore

Abbiamo visto che il diritto alla riparazione degli elettrodomestici del quale parliamo è garantito in via indiretta. Inoltre esso non nasce da malfunzionamenti o vizi dell’elettrodomestico. Si applica in ogni caso, proprio perché pensato per allungare la vita del prodotto.

Altra cosa è il vero e proprio “diritto alla riparazione” garantito dal Codice del Consumo (art. 130), e rientrante nel diverso ambito della garanzia di conformità del bene acquistato. Il consumatore è in questo caso garantito proprio contro eventuali difformità del prodotto. Può infatti ottenerne il ripristino mediante riparazione e senza alcuna spesa entro due anni dall’acquisto, e purché denunci il difetto entro due mesi dalla scoperta. Il consumatore ha diritto, in alternativa, alla sostituzione del bene. Questa normativa trova applicazione a prescindere dal tipo di bene acquistato, con rare eccezioni. Inoltre il suo campo d’azione è molto più esteso di quello della nuova normativa europea.

Il “vero” diritto alla riparazione, però, grazie alla novella europea rinvigorisce la propria forza, agendo proprio sulla scelta del consumatore. E’ vero infatti che rimane libero di scegliere tra riparazione e sostituzione, però ciò potrà avvenire “salvo che il rimedio richiesto sia […] eccessivamente oneroso rispetto all’altro”. Se dunque il venditore o produttore può dimostrare che la riparazione risulta eccessivamente onerosa rispetto alla sostituzione, al consumatore non è data vera alternativa tra le due opzioni. Naturalmente il consumatore avrà anche altri rimedi: potrà ottenere la riduzione del prezzo oppure la risoluzione del contratto, ed anche esercitare il diritto di recesso. Ma questi non hanno efficacia sulla vita del prodotto e sul suo smaltimento.

Si coglie allora l’importanza del nuovo Regolamento, che ha l’effetto di rendere pieno e concreto il diritto alla riparazione di alcuni elettrodomestici. In fondo, un bel passo in avanti anche per la customer experience.

Diritto alla riparazione: rispetto dell’ambiente ed economia circolare

Allungare la vita degli apparecchi elettronici ha concreti effetti positivi sull’ambiente, obiettivo chiaramente perseguito dal legislatore europeo. Con l’Ecodesign Working Plan 2016-2019, infatti, viene dichiarato di voler ridurre al minimo l’impatto ambientale dei prodotti, intervenendo sul loro intero ciclo di vita. Dalla progettazione sino allo smaltimento del rifiuto. E ciò non solo in termini di consumo energetico ma anche di durata, manutenzione, riparazione, riutilizzo, aggiornamento, riciclabilità.

È chiaro allora perché i passi in avanti sono significativi anche per l’ambiente. Intervenire sulla vita del prodotto significa infatti creare meno rifiuti e ridurre le emissioni di CO2.

I dati Eurostat 2020 sulle percentuali di riciclo di elettrodomestici nell’UE fanno ben comprendere l’importanza di ogni azione volta alla riduzione del materiale di scarto. In Europa, infatti, viene riciclato meno del 40% dei rifiuti elettrici, come si vede dalla seguente infografica, con i dati disaggregati per ciascun Paese.

L’Italia, peraltro, si colloca ben al di sotto della media europea con il suo 32,10 %.

tasso riciclo rifiuti tecnologici UE

Immagine tratta dal sito https://www.europarl.europa.eu

Inoltre, secondo il Global E-Waste Monitor 2020, ciascun consumatore europeo produce addirittura 16,2 Kg di rifiuti elettronici ogni anno.

Il nuovo Regolamento europeo, quindi, costituisce un importante tassello nel mosaico di quella che viene definita economia circolare. Un circolo virtuoso nel quale la vita dei prodotti non ha propriamente un inizio ed una fine ma continua a rigenerarsi in forme nuove. Come ben riassume la seguente infografica.

infografica circular economy

Immagine tratta dal sito www.progettareineuropa.com

Si può parlare di un vero “Right to repair” in Europa?

Non tutti hanno salutato la novità legislativa con favore. Alcuni affermano che il diritto alla riparazione di elettrodomestici sarebbe così limitato da non esistere. Effettivamente, lo abbiamo visto, il Regolamento 341/2021 si applica ad un ristretto numero di elettrodomestici, anche se significativi. Basti pensare che ne sono esclusi gli smartphone e i pc. Inoltre non attribuisce al consumatore o all’utente finale veri e propri diritti ma semplici aspettative.

Secondo i sostenitori della campagna Right to Repair, ad esempio, la normativa patisce ancora troppi limiti. Quello, prima di tutto, di rivolgersi direttamente ai “riparatori professionisti” e non agli utilizzatori finali del prodotto e nemmeno ai riparatori non professionali o volontari. Inoltre, che quindici giorni per la consegna del pezzo di ricambio potrebbe rivelarsi un tempo eccessivamente lungo, che potrebbe scoraggiare la riparazione a favore della scongiurata sostituzione. Infine, che non viene affrontato il tema del prezzo dei pezzi di ricambio, anch’esso spesso ostacolo alla scelta della riparazione.

Sicuramente i passi da fare sono ancora molti, ma la normativa europea guarda nella giusta direzione. Sempre meno oggetti elettronici buttati, sempre più standardizzazione dei pezzi di ricambio (pensiamo ai caricabatterie), maggiore reperibilità dei ricambi e facilità di sostituirli con istruzioni chiare ed accessibili a tutti. Un quadro nel quale si gioca la partita per perseguire uno sviluppo tecnologico a misura del pianeta terra. Attendiamo dunque fiduciosi – ed attenti a riparare invece che buttare – i prossimi passi dell’Europa in questo meritevole percorso per far convivere la tecnologia con la natura, a beneficio di noi tutti, sia come abitanti di questa terra che come consumatori.