Il venditore online che cerchi una vetrina sul web tramite piattaforme marketplace (cioè gestite da altri) gode, dal 12 luglio 2020, di una tutela rafforzata nei confronti del gestore della piattaforma stessa. Regole chiare sui criteri di posizionamento nelle ricerche e trasparenza su eventuali disparità di trattamento sono le fondamenta di queste garanzie.

Le piattaforme marketplace

Non serve dilungarsi su cosa sia una piattaforma marketplace: siamo nella “società dell’informazione”, quindi si tratta di realtà che ben conosciamo. Basti nominare Amazon e eBay, da una parte, e Zalando, Yoox, Facile.it, Airbnb e Booking dall’altra. I primi due sono del tipo “orizzontale”, cioè contenenti qualsiasi prodotto. I secondi sono “verticali”, in quanto dedicati solo a determinate categorie di prodotto (nei nostri esempi abbigliamento, assicurazioni e spese di casa, viaggi).

Queste piattaforme si pongono proprio nel mezzo del rapporto contrattuale e commerciale, facendo incontrare la domanda e l’offerta, i venditori e gli acquirenti. La loro costante crescita è un dato di fatto, tenendo conto delle statistiche dell’ecommerce in Italia nel 2020 – 2021.

LUnione Europea, nel solco di un’ampia strategia normativa per il mercato unico digitale, non è rimasta indifferente rispetto alla posizione di forza contrattuale dei gestori di queste piattaforme nei confronti dei venditori, che del mercato digitale non possono più fare a meno. Ha quindi già dettato una serie di regole a loro tutela (Reg. UE 2019/1150, d’ora in poi anche “Regolamento”) secondo il ragionamento per cui tutelare il venditore significa tutelare anche il consumatore. L’abbiamo visto, per quest’ultimo, in questo articolo.

Per chi valgono le nuove regole

Le nuove norme tutelano gli “operatori commerciali” (venditori di beni o servizi) a patto che soddisfino entrambi i seguenti requisiti:

  1.  abbiano il luogo di stabilimento o residenza nell’Unione Europea;
  2. offrano i loro beni o servizi a consumatori nell’Unione Europea tramite servizi di intermediazione online (i portali marketplace).

Per quanto riguarda i fornitori delle piattaforme marketplace, le regole si applicano a prescindere dal fatto che siano o meno stabiliti nell’Unione Europea, ogniqualvolta i loro servizi vengano forniti o proposti ad utenti commerciali che soddisfino i due requisiti appena detti.

La tutela dell’identità del venditore online nel marketplace

Il venditore si rivolge al sito marketplace proprio per avere maggiori possibilità di vendere il proprio prodotto o servizio. Per fare questo, però, non dovrà essere costretto anche a “vendere l’anima”.

Il rischio è infatti quello di diventare anonimo proprio perché utilizza un portale che ha già un suo “brand”, rimanendo visibile solo il suo prodotto. In effetti, l’utente di Amazon guarda le caratteristiche del prodotto, il prezzo, i tempi di consegna…ed acquista. Chi sia il venditore, il più delle volte, poco gli interessa (al riguardo però consigliamo di leggere il nostro approfondimento sulle false recensioni sui marketplace e su Amazon).

Questa dinamica è destinata a ridimensionarsi notevolmente: il gestore della piattaforma deve infatti garantire al venditore che la sua identità sia chiaramente visibile per l’utente – compratore.

Gli effetti delle nuove regole si possono già toccare con mano: basta provare a fare qualche ricerca su Amazon per vedere che ora, a differenza di prima, tutti i prodotti venduti (con rarissime eccezioni) riportano prima il nome del venditore del prodotto e subito dopo la descrizione di quest’ultimo.

Naturalmente la tutela della propria identità commerciale, per il venditore, è centrale e richiede un’attenta strategia di digital marketing. Dovrà valutare se mettere sul mercato online i propri prodotti mediante piattaforme marketplace generaliste, o se gli convenga piuttosto servirsi di piattaforme più specifiche e settoriali (ad esempio, per il settore alimentare, vendere attraverso un portale che si occupa esclusivamente di cibo biologico, oppure di prodotti della piccola produzione locale), oppure ancora fare “multi-homing” (c.d. presenza multipiattaforma), cioè cercare di posizionarsi su diverse piattaforme.

La tutela del posizionamento del venditore nel sito marketplace

La visibilità, sul web, fa la differenza “tra la vita e la morte”, influendo in maniera determinante sul successo commerciale.

Basti pensare che, a seguito della ricerca da parte dell’utente – acquirente, gli appariranno sulla pagina del sito marketplace appositi elenchi o raggruppamenti di prodotti, più o meno graficamente distinti, fra i quali potrà scegliere. I risultati visualizzati potranno poi mutare a seconda dei “filtri” che l’utente abbia a sua disposizione. Determinante sarà anche l’impostazione grafica della pagina, il modo di descrivere i prodotti, la facilità di scorrere l’elenco così generato, e così via.

Va da sé, pertanto, che non possano mancare delle regole specifiche a tutela del posizionamento del venditore nel marketplace, dato che influiscono in modo decisivo sulla concorrenza fra venditore e venditore interna al sito.

L’importanza dell’argomento è tale che le regole dettate dal Regolamento sono state di recente sviluppate ed ampiamente integrate dagli orientamenti contenuti nella Comunicazione della Commissione Europea 2020/C 424/01, pubblicata l’8 dicembre 2020.

Vediamo le regole in sintesi.

Informativa al venditore sui parametri del posizionamento

Come in altri casi, il sistema di garanzie ruota soprattutto attorno all’imposizione di obblighi informativi. Il ragionamento è che più trasparenza e più chiarezza significano meno possibilità di abusi e comportamenti scorretti.

Prima di tutto, nei termini e condizioni di fornitura del servizio marketplace, devono essere resi noti al venditore i principali parametri che determinano il posizionamento dei suoi prodotti e servizi sulla piattaforma. Deve inoltre essere informato sul peso dato ai diversi parametri.

Per fare un esempio, in un marketplace per la vendita di applicazioni per smartphone potrebbe essere data priorità nei risultati della ricerca ad un’app più datata, però di uno sviluppatore esperto e già conosciuto, rispetto ad un’app più recente, ma di uno sviluppatore ancora sconosciuto sul mercato. Un altro marketplace potrebbe invece attuare una scelta diametralmente opposta, offrendo migliore visibilità al nuovo sviluppatore (sulla base di una politica di spinta delle startup). L’importante è che gli sviluppatori che usufruiscono dei servizi del marketplace, di ciò, siano chiaramente informati.

Informativa specifica sulla personalizzazione del posizionamento

Oltre a ciò, il venditore deve essere informato sull’eventuale applicazione di elementi di personalizzazione dei criteri di posizionamento rispetto ai singoli utenti – acquirenti. La piattaforma di marketplace potrebbe infatti utilizzare una serie di indici (anche attraverso l’uso dei cookies) che influiscono sull’ordine di apparizione dei prodotti a seconda delle caratteristiche dell’utente che in quel momento li cerca. Nell’esempio di cui sopra, il marketplace potrebbe dare priorità a determinate app rispetto ad altre sulla base dell’età dell’utente, o del suo posizionamento geografico. Ancora, la piattaforma potrebbe utilizzare meccanismi che mutino l’ordine del posizionamento sulla base della pregressa cronologia di ricerca o degli acquisti dell’utente.

Il venditore online dovrà essere informato anche sulla presenza di eventuali elementi esterni, cioè che non attengono strettamente alla ricerca dell’utente. Ad esempio, nel caso venga attribuita priorità ad un certo marchio per la sua notorietà ed attrattiva nel pubblico, oppure per i riconoscimenti ricevuti nelle recensioni dei clienti. Può essere anche che sia applicata la c.d. randomizzazione, cioè tecniche per riorganizzare la rilevanza delle offerte di beni e servizi in modo casuale (ad esempio, per riempire uno spazio in home page).

L’informativa del marketplace: chiara e semplice a tutela del venditore

Il principio alla base dell’informativa è sempre la semplicità e comprensibilità del linguaggio utilizzato. Queste regole hanno infatti lo scopo sia di migliorare la prevedibilità dei risultati di ricerca dei loro prodotti o servizi da parte dei venditori che di aiutare quest’ultimi ad ottimizzare la loro presentazione del prodotto.

Ecco perché il gestore del marketplace deve anche informare se determinati parametri, che ci si aspetterebbe possano influenzare la ricerca, non abbiano rilevanza.

Inoltre, l’informativa non deve limitarsi ad uno sterile elenco di parametri, ma deve anche spiegare, cioè far capire chiaramente ai venditori utilizzatori della piattaforma, con quale logica avvenga il posizionamento. Ad esempio, se uno dei parametri è la “qualità”, va spiegato cosa si intenda per “qualità”.

Parallelamente, l’informativa non dev’essere troppo dettagliata, perché, secondo la Commissione Europea, “una quantità eccessiva di informazioni può far sì che, di fatto, non venga fornita agli utenti alcuna informazione significativa” (Comunicazione 2020/C 424/01, punto 25).

I parametri legati alle caratteristiche dei beni o servizi venduti

Per tutelare la coerenza rispetto alle promesse del marketplace al venditore (sostanzialmente presentare efficacemente prodotti e servizi al pubblico), la determinazione dei parametri non può essere slegata da quelle promesse. La loro descrizione, infatti, deve far comprendere chiaramente al venditore se, come ed in quale misura il meccanismo di posizionamento tenga conto dei seguenti elementi:

  • caratteristiche dei beni e dei servizi offerti ai consumatori;
  • pertinenza di tali caratteristiche per i consumatori.

I gestori delle piattaforme di marketplace, a tutela del venditore, non possono stabilire le regole sul posizionamento in modo arbitrario, e gli operatori commerciali devono poter prevedere i risultati delle ricerche dell’utente.

L’algoritmo di posizionamento rimane segreto

Ma fino a che punto il gestore della piattaforma deve svelare i suoi meccanismi di posizionamento?

Da un lato infatti va tutelata la trasparenza verso i venditori che utilizzano la piattaforma. Dall’altro, però, vanno evitati i possibili abusi degli utilizzatori che, conoscendo i meccanismi di posizionamento, potrebbero porre in essere per “frodare” l’algoritmo ed ottenere un posizionamento migliore di altri, slegato dalla qualità o pertinenza del prodotto rispetto alla ricerca dell’utente – acquirente.

Tenendo anche conto del rispetto della normativa europea sui segreti commerciali (Dir. UE 2016/943), il punto di equilibrio è stato trovato in ciò: il gestore della piattaforma non è tenuto a divulgare il funzionamento dettagliato dei meccanismi di posizionamento, né gli algoritmi che lo regolano. In altre parole, il venditore deve poter capire bene quali sono gli elementi che hanno ispirato l’algoritmo, ma non conoscere l’algoritmo stesso. Deve in sostanza sapere se i parametri agevolino la comparizione di prodotti di aziende vicine all’acquirente che fa la ricerca, oppure i beni di migliore qualità, i più economici, quelli col maggior numero di recensioni positive, e così via.

Posizionamento sul marketplace dietro pagamento

Le nuove regole consentono di costruire un sistema che preveda un miglior posizionamento a fronte del pagamento di una tariffa da parte dell’utilizzatore commerciale?

La risposta è , anche la nuova normativa lo consente. Si preoccupa, però, anche in questo specifico ambito, di dare garanzie a tutela del venditore online. Il gestore del marketplace, infatti, nel caso del posizionamento a pagamento, dovrà informare adeguatamente l’utilizzatore del sito che può influire attivamente sul proprio posizionamento a fronte del versamento di un corrispettivo.

Il termine “corrispettivo” va inteso in senso lato. Riguarda sicuramente i pagamenti effettuati allo scopo principale o unico di migliorare il posizionamento. Ma potrebbe anche trattarsi di corrispettivo indiretto, sotto forma di accettazione di obblighi aggiuntivi, come l’utilizzazione di servizi accessori oppure di funzionalità premio (Reg. UE 2019/1150, considerando 25, link sopra).

Secondo il principio di chiarezza sopra visto, nei suoi orientamenti la Commissione Europea incoraggia il gestore della piattaforma a non limitarsi ad una spiegazione scritta, ma a fornire anche strumenti tecnologici, quale ad esempio un simulatore dinamico degli effetti del versamento del corrispettivo sul posizionamento e della portata di tali effetti.

Il gestore del sito marketplace può “fare preferenze”?

Accade sempre più spesso che gli stessi gestori delle piattaforme marketplace vi inseriscano direttamente prodotti col proprio marchio, oppure prodotti di imprese da loro controllate.

In tale caso, è chiaro che il gestore della piattaforma “gioca in casa”, e sarà portato a privilegiare i prodotti propri o delle realtà controllate. Può farlo?

Anche in quest’ambito, la normativa non impedisce tali azioni (qualificate di “trattamento differenziato”), quindi perfettamente lecite, ma tutela il venditore nei confronti del marketplace richiedendo che quest’ultimo informi chiaramente sul punto.

Il trattamento differenziato infatti non riguarda solo il posizionamento nelle ricerche, ma ogni elemento che crei delle differenze tra i prodotti venduti o gli operatori presenti sulla piattaforma (possibilità di fruire di servizi aggiuntivi, differente visualizzazione grafica, accesso più esteso ai dati degli utenti, prezzi di utilizzo più convenienti, maggiori percentuali sulle vendite, e così via).

La garanzia del venditore online sta dunque nel fatto che il gestore della piattaforma, nei termini e condizioni di utilizzo, è obbligato a descrivere chiaramente e semplicemente qualunque trattamento differenziato che riservi a prodotti o servizi propri o di terzi controllati, ma anche ad altri venditori (ad esempio per la particolare notorietà del loro marchio).

I prossimi passi della legislazione europea: con il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA) regole aggiuntive a tutela del venditore online verso i marketplace

La legislazione europea avanza sulla strada della tutela degli utenti del mercato digitale, compresi i venditori online, con nuove norme a disciplina dei servizi digitali.

Sono di prossima approvazione, infatti, il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA). Due regolamenti (per ora due proposte di regolamento) con l’intento di limitare lo strapotere delle “big tech”, creando uno spazio digitale più sicuro e in condizioni di parità.

Le nuove regole creeranno ulteriori garanzie per i venditori online. Infatti, il DSA riguarderà intermediari e piattaforme online: mercati online, social network, piattaforme di condivisione di contenuti, app store e piattaforme di viaggio e alloggio online. Il DMA, invece, conterrà delle regole più specifiche sulle piattaforme online “gatekeeper”, letteralmente i “guardiani” dei mercati digitali (i giganti Google, Facebook, Apple, ecc.).